Gli Stati Uniti entrarono nella Seconda Guerra Mondiale brandendo il fantastico mitra Thompson. Sebbene l’arma funzionasse molto bene i soldati si lamentavano del peso eccessivo, dell’ingombro e della scarsa maneggevolezza. Ai tecnici americani non erano sfuggite la facilità costruttiva, l’affidabilità e l’economicità del tedesco MP 40 e dello STEN britannico, decisero quindi di progettare un rimpiazzo economico del Thompson. Dopo vari test a cui vennero sottoposti oltre 20 mitra americani e stranieri all’Aberdeen Proving Ground, nello stato del Maryland, agli inizi del 1941 fu deciso di disegnare un’arma completamente nuova. Fu formato un gruppo di lavoro sotto il diretto comando del colonnello Rene R. Studler, che presiedeva il dipartimento di ricerca e sviluppo della Ordnance Corp., e in cui figuravano il progettista d’armi Gorge J. Hyde e il capo divisione della General Motors Frederick W. Sampson esperto della produzione di massa.
In tempi molto rapidi venne realizzata un’arma la cui struttura portante era costituita da due semigusci di lamiera pressata e stampata, saldati insieme, il nome provvisorio del nuovo mitra era T20. Sottoposto a numerosi test venne ritenuto idoneo al servizio e venne adottato sul finire del 1942, la reale produzione iniziò nel 1943. L’impiego operativo dimostrò numerose carenze soprattutto per quanto riguardava il complesso del meccanismo di armamento dell’otturatore che venne abolito sul successivo M3A1, prodotto a partire dal 1944, e sostituito da una finestra di espulsione maggiorata attraverso la quale il tiratore infilava un dito e arretrava, spingendo indietro, l’otturatore fino all’aggancio del gruppo di scatto.
Il mitra M3A1 venne impiegato dopo la Seconda Guerra Mondiale in Corea e in Vietnam e restò in dotazione agli equipaggi dei carri armati fino verso gli anni ’80: durante la Guerra del Golfo nel 1991 era ancora in distribuzione agli autisti del 19th Engineer Battalion aggregati alla U.S. 1st Armored Division.
La Cina Nazionalista e l’Argentina realizzarono una versione prodotta localmente per l’impiego da parte delle proprie forze armate. Nel 1949 un tentativo fallito di sbarco dei Nazionalisti sul continente cinese permise ai comunisti di catturare un certo numero di mitra M3 che vennero, in seguito, utilizzati nella guerra di Corea. Il Philippine Marine Corps usa tuttora il mitra M3 come arma per la difesa ravvicinata degli equipaggi dei mezzi corazzati. I giapponesi lo avevano adottato come arma d’ordinanza, in seguito adotteranno il mitra Minebea PM-9, tuttavia numerosi mitra M3 sono mantenuti di riserva per le forze speciali.
Scheda tecnica
Nazione Stati Uniti d'America
Tipo pistola mitragliatrice
Era moderna
Storia della produzione
Data di progettazione 1942
Progettista George Hyde, Frederick Sampson
Varianti M3, M3A1, PAM1, PAM2, T20, MCEM 1
Storia del servizio
Durata in servizio 1942–1992 (Stati Uniti)
Guerre Seconda guerra mondiale - Guerra di Corea - Guerra civile cinese - Sbarco nella Baia dei Porci - Guerra del Vietnam - Guerra delle Falklands - Prima Guerra del Golfo
Specifiche tecniche
Peso3.7 kg
Lunghezza 570/745 mm
Lunghezza canna251 mm
Cartuccia .45 ACP (11,43x23mm) - 9mm parabellum (9x19mm)
Azionamento blowback
Rate di fuoco ~500 colpi/min
Velocità alla volata ~380 m/s
Tiro utile 100 metri
Sistema di alimentazione caricatore bifilare da 30 colpi
Descrizione dell'arma
Creata nel 1942, la "grease gun" è l'equivalente americano dello Sten o del MP40 tedesco. Pistola mitragliatrice leggera e maneggevole, molto usata negli scontri ravvicinati, inizialmente venne impiegata come sostituta del Thompson, sia per il suo costo di produzione, decisamente economico, sia per via della pesantezza e dell'ingombro di quest'ultimo. Arma poco ingombrante e di semplice utilizzo, dotata di caricatore da 30 colpi calibro .45 (11mm), venne utilizzata in particolare dagli equipaggi dei mezzi corrazzati come arma da difesa e dalla fanteria e dai paracadutisti come arma d'appoggio. Ricevette il soprannome Grease Gun (Oliatore) per la sua forma simile appunto agli oliatori a pompa utilizzati per ingrassare alcune parti dei carri armati.
Il mitra M3 funziona a massa battente con ciclo di fuoco che inizia ad otturatore chiuso, spara solo a raffica, ma la bassa cadenza di tiro (400 – 450 colpi/minuto) consente ad un tiratore esperto di realizzare colpi singoli o cortissime raffiche agendo con brevi pressioni sul grilletto.
La canna, lunga 203 mm, è inserita in una voluminosa ghiera avvitata alla culatta di lamiera stampata, è facile da smontare impiegando il calciolo sfilato dalle sue guide e usato come attrezzo. Oltre che per lo smontaggio della canna il calciolo funge anche da cacciavite, da astina per la pulizia e da strumento per facilitare il riempimento dei caricatori. In grado di svolgere molte funzioni secondarie è inadeguato per quella principale: scomodo e corto per imbracciare l’arma per il tiro mirato ha anche il difetto di chiudersi improvvisamente sfuggendo al debole fermo.
La culatta è formata da due gusci di lamiera pressata, stampata e saldata che formano in un blocco unico culatta, impugnatura e bocchettone d’alimentazione.
All’interno della culatta troviamo il pesante otturatore cilindrico che si muove su due aste di guida su cui sono montate le molle di recupero. Il notevole peso dell’otturatore e la debole potenza delle molle consente una cadenza di tiro bassa, ma è talvolta causa di inceppamenti, quando l’otturatore non ha energia a sufficienza per sfilare la cartuccia dal caricatore. Per armare l’otturatore si dispone di una leva infulcrata su una subunità di lamiera posta sotto all’arma: tirando indietro la leva questa trasmette il moto ad una leva secondaria che determina l’arretramento della massa battente. Il peso dell’otturatore, la debolezza della lamiera stampata su cui è posto il complesso e l’uso intenso possono determinare lo sradicamento della leva: per ovviare a questo difetto sulla versione migliorata venne abolito il dispositivo, l’otturatore viene armato con le dita introdotte attraverso la finestra d’armamento, per tale ragione allargata. La finestra di armamento su entrambe le versioni è dotata di sportello caricato a molla che lo blocca in chiusura e in apertura. Lo sportello funge anche da sicurezza: infatti dispone di una linguetta che, quando richiuso, blocca l’otturatore inserendosi in una apposita cavità se questo è in posizione avanzata, nel caso che l’otturatore sia arretrato ne impedisce l’avanzamento. Lo sportello, insieme al meccanismo di armamento a leva o a “dito” dimostra una grande attenzione ad impedire l’ingresso di sporcizia e corpi estranei nell’arma, inoltre l’otturatore, muovendosi su due aste guida, evita il contatto con le pareti della culatta da cui è separato da un piccolo spazio che consente all’arma di funzionare anche in caso di sporcizia.
L’alimentazione è assicurata da un caricatore bifilare da 30 colpi a presentazione singola. Altro punto debole dell’arma è la scelta del tipo di caricatore: invece di proseguire in linea con il Thompson che montava un caricatore a presentazione alternata si decise di copiare dallo STEN, che ha il più grosso difetto progettuale proprio nel tipo di caricatore. Come tutti i caricatori a presentazione singola anche quello del mitra M3 è affetto dai soliti malanni: difficoltà di caricamento, facile inceppamento, particolare sensibilità a polvere e sporcizia, tanto che vennero predisposti dei cappucci di plastica per preservare i caricatori riempiti e difenderne le labbra da deformazioni.
Sull’M3 un’ampolla di lubrificante è fissata sopra le guide all’interno delle quali scorre il calciolo realizzato in tondino d’acciaio, vista l’esigua capacità del contenitore si provvide ad inserirne uno più capiente nell’impugnatura a pistola dell’’M3A1.
Gli organi di mira sono costituiti da una diottra realizzata in lamiera e saldata sulla parte posteriore e superiore della culatta e da un rudimentale mirino ottenuto pinzando la lamiera nel punto più anteriore della parte superiore della culatta.
Nella versione M3A1 era possibile convertire con pochi e semplici manovre e senza ricorso ad attrezzi l’arma dal calibro 45 ACP al 9 mm Parabellum. Era sufficiente disporre del kit di conversione che comprendeva canna e otturatore per il 9 mm e un adattatore per il bocchettone d’alimentazione che consentiva di impiegare i caricatori dello STEN.
Del mitra M3A1 venne realizzata una versione speciale per operazioni clandestine dotata di un silenziatore integrale all’arma.
Ben 700.000 armi dei due modelli vennero realizzati dalla Guide Lamp Division della General Motors nel periodo che va dalla Seconda Guerra Mondiale a quella di Corea.
Entrambe i modelli possono montare il soppressore di vampa modello M9.
Differenze tra i vari modelli
M3
Versione classica dell'arma, prodotta dal 1942.
M3A1
Versione pesante e potente, adatta per l'utilizzo di munizioni cal. 9mm "Parabellum".
T20
Versione sperimentale.
MCEM 1
Clone australiano dell' M3 "grease gun", creata nel 1943 e in dotazione all'esercito australiano, fu usata durante la Seconda Guerra Mondiale nel fronte del Pacifico.
PAM1
E' la copia della M3 Grease Gun prodotta in Argentina dal 1955 al 1962.A differenza dell'originale era in calibro 9x19mm.
PAM2
Ha un meccanismo di sicurezza che impedisce all'arma di sparare se non viene ben impugnata. Fu prodotta (anche per conversione di PAM1) dal 1963 al 1972.Queste armi ormai non sono più in uso e sono state sostituite dall'FMK3.
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