Questa è la mia risposta a Raizer e Petro:
Nel nostro paese cominciano ora a verificarsi i primi casi di cyberstalking e si pone quindi il problema agli interpreti del diritto di trovare quali siano le norme penali più atte a rapportarsi con tale fenomeno. In primis va detto che il reato ex art. 660 c.p. intitolato "molestia e disturbo alle persone" è palesemente inadeguato a contrastare qualsiasi fattispecie turbativa della tranquillità personale appena superiore al "suonare il citofono e scappare". Si tratta infatti di una contravvenzione, di basso profilo edittale, formulata in modo ambiguo e sicuramemente datata ed incapace di offrire adeguata tutela contro le condotte moleste compiute sul Web. Infatti tale reato richiede che la condotta sia eseguita in "luogo pubblico o aperto al pubblico o con il mezzo del telefono"; preso atto che una interpretazione della Rete come mezzo del telefono è inacettabile perché analogica in malam partem, vi sono dubbi anche sul fatto che Internet sia luogo pubblico o aperto al pubblico.
Qui è interessante operare una digressione: si possono distinguere due connotazioni di Internet: come luogo, oggetto delle più svariate attività, e come mezzo di comunicazione. Queste due accezioni vanno intese in senso preciso: anche l’Internet come luogo può essere oggetto di comunicazioni: visive, uditive, di ogni genere; tuttavia permane una collocazione spaziale ben precisa. Internet come mezzo di comunicazione a distanza non è diverso dal telefono (rectius: dal cellulare, data la possibilità di inviare messaggi multimediali o comunque scritti piuttosto che orali) o dalla posta ordinaria (la differenza tra queste due tipologie di comunicazione a distanza è data dalla sincronicità o meno in cui si svolgono). Qualora il reato di cui all’articolo 660 del codice penale sia stato commesso in un sito, in una chat, in un newsgroup si può certamente parlare di luogo pubblico o aperto al pubblico - sarà comunque necessario esaminare caso per caso le caratteristiche del sito o della chat, essendovi tipologie molto diverse tra loro e potendo, in alcuni casi, avere caratteristiche simili a "luoghi privati" - laddove invece la condotta sia attuata via e-mail, istant messenger o tramite l’utilizzo di programmi, il problema si fa molto più complesso.
Nel caso dell’e-mail e dell’istant messenger infatti Internet è un semplice mezzo di comunicazione a distanza piuttosto che un luogo virtuale. La casella di posta e-mail sicuramente non può considerarsi un luogo pubblico né aperto al pubblico; essa è assimilata dal legislatore alla corrispondenza comune nell’articolo 616 del codice penale e quindi considerata costituzionalmente segreta ed inviolabile. Inoltre è evidente come nel caso della posta elettronica l’elemento spaziale della Rete passa in secondo piano e Internet diventa il semplice mezzo con cui si invia un messaggio.
Caso più complesso, e da valutare ipotesi per ipotesi, è quello dell’istant messenger: si tratta di programmi che abilitano la comunicazione e lo scambio di files tra più utenti connessi in Rete. E’possibile per gli utenti disporre il programma in modo da selezionare il numero e i componenti di questo "appuntamento". Non trattandosi di un vero e proprio "luogo" virtuale, come può essere una chat come quelle descritte in precedenza (che viene spesso assimilata ad un luogo di incontro dove è possibile conversare sia in pubblico, con più utenti, sia privatamente, ma sempre situata in un "indirizzo" preciso del cyberspazio), è difficile la sua definizione. A mio parere in questo caso il computer diventa più un mezzo di comunicazione a distanza, come il telefono, piuttosto che un vero e proprio "luogo pubblico" e dal momento che la norma prevede un "dualismo" tra queste due ipotesi di collocazione spaziale del reato, sarei più propenso ad inserire l’istant messenger nella prima.
In materia di programmi "malevoli" installati nel sistema informatico del soggetto passivo è opportuno distinguere le situazioni in cui tali programmi agiscano, a seconda del loro collegamento o meno con la navigazione in Internet. Un esempio servirà a chiarire meglio: i programmi spyware si attivano con la navigazione in Internet del soggetto passivo permettendo di "tracciare" il percorso dell’utente come in un pedinamento virtuale; in questo caso non c’è dubbio che, avvenendo l’azione on line, il luogo è pubblico. Diversamente invece nel caso di un programma che sfrutta le backdoor del computer "attaccato" per controllare il computer della vittima quando questa è connessa (e non solo: attraverso questi "malwares" può installare nel sistema informatico attaccato programmi che compiano operazioni anomale o inquietanti, come l’apparizione di messaggi sullo schermo o l’apertura del lettore cd). E’chiaro che questa condotta non avviene in un luogo pubblico, essendo la navigazione assolutamente trascurabile e rilevando invece, come nel caso dell’istant messenger la semplice connessione tra il sistema operativo dell’aggressore e quello della vittima.
Sull’art. 660 c.p. si potrebbero poi fare altri rilievi, come per esempio che si tratta, inspiegabilmente, di un reato contro l’ordine pubblico oppure sulla formulazione ambigua della norma che provoca divisioni nella sua interpretazione da parte della dottrina e nella giurisprudenza (quella "petulanza" che non si sa se essere elemento della condotta o dolo specifico)…ma è bene lasciare tali argomenti, pur interessanti, a trattazioni specifiche.
Tornando ai profili penali del cyberstalking, a seconda delle modalità della molestia telematica si possono poi ipotizzare diverse (e numerose) tipologie di reati: contro l’onore, la libertà, la riservatezza ma anche i così detti computer crimes…è significativo comunque che nessuno di tali reati eventualmente commessi nella condotta molesta ha un profilo edittale così basso come quello previsto dall’art.660 c.p.
Ecco quindi il principale paradosso della situazione normativa italiana in materia: non esiste un reato specifico teso al contrasto e alla prevenzione di tale fenomeno e quello che più vi si avvicina, la molestia, è completamente da riformulare e inadeguato a fronteggiare il problema, per cui di volta in volta si punisce l’ingiuria, la diffamazione, la violazione di sistema informatico, senza riconoscere che invece esiste una fattispecie unica e caratterizzata, quella che gli anglossassoni chiamano cyberstalking.