occultamento zaini
ci sono...ma non si vedono
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occultamento zaini
ci sono...ma non si vedono
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complimenti gioma, a te ed ai tuoi ragazzi....
foto spettacolari, debriefing ottimo e missione di altissimo livello....
siete fantastici....
pensate che bel film hanno vissuto questi "isolani":-d..... grandi raga!
ciao gioma, finalmente ho capito chi erano i 2 che abbiamo incontrato tornando su ospedale. quelli nascosti dietro il masso e vi abbiamo visto solo quando ci avete sparato
belle foto complimenti..
spettacolo....grandissimi!!!!
ecco, come anticipato, il racconto della wasp nest bravo fatto dal nostro ricognitore fal :
ore 04.30, sul monte prat e su tutto l’altipiano di forgaria nel friuli imperversa la tempesta. la brigata bengasi viene svegliata dalla grandine che bersaglia il tetto della piccola e confortevole casetta manzut. mancano poche ore all’inizio della missione e se il tempo rimarrà così ci sarà da divertirsi. qui, a differenza che nel resto della nostra amata patria, sembra finalmente arrivato l’inverno, poco male, siamo equipaggiati, siamo preparati, e cosa molto più importante, siamo determinati.
torniamo in “branda” sperando che il tempo migliori.
sveglia poco prima dell’alba, il tempo di sciacquarsi la faccia e poi via ai preparativi. controllo dell’equipaggiamento e vestizione, mentre fuori tira un forte vento gelido e una pioggerellina sottile punzecchia il terreno… il piano d’infiltrazione potrebbe andare a monte… speriamo di no pensiamo, non capita tutti i giorni di essere infiltrati in elicottero!
dopo una veloce e sostanziosa colazione, suggellata da una “tazzona” di caffè bollente siamo pronti a partire. uscire dal nostro rifugio caldo e confortevole e quasi uno choc, ma siamo belli carichi e non vediamo l’ora di iniziare a giocare. stipiamo tutto sul nostro mezzo e partiamo, in direzione eliporto come da programma. la pioggia va scemando ma il vento persiste e il cielo è coperto. mi sa proprio che per l’infiltrazione dovremmo passare al “piano b”. e infatti poco dopo ecco arrivare ma rung a bordo del defender bianco dell’organizzazione che ci informa dell’inevitabile decisione…”oggi non si vola” .
peccato, ma meglio non pensarci adesso. passiamo al “piano b”.
valutando la mappa dell’ao decidiamo di infiltrarci direttamente dalla casetta manzut, dove abbiamo trascorso il venerdì notte.
occultiamo il mezzo e procediamo velocemente verso la fitta boscaglia, è da poco scattata l’ora x e le strade già pullulano di mezzi della fir.
come da programma una volta giunti in un punto che ci sembra sicuro ci camuffiamo a due alla volta. un camuffamento leggero sufficiente a spezzare la “t” e adatto alla marcia. poi partiamo direzione hq nemico. da subito il terreno si dimostra per quello che è, molto difficile… ci spinge ad un’andatura più lenta del previsto, caratterizzata da aspri sali-scendi.
verso le 13.30 arriviamo a ridosso della zona interdetta segnata sulla mappa come ponte radio e il nostro operatore radio sente con chiarezza comunicazioni tra il centro comando e le pattuglie di ronda. non abbiamo riscontri visivi, ma più di una volta le sentiamo attraversare la boscaglia nelle nostre vicinanze. decidiamo quindi di dirigerci verso il hq nemico dove ci arrestiamo a ridosso di un muro a secco, presupponiamo ad una distanza di circa 100 metri.
occultiamo gli zaini e cominciamo a rifinire la mimetizzazione sempre due alla volta. l’operazione si rivela più affrettata del previsto, la zona è a dir poco calda e più di una volta siamo costretti ad interrompere la vestizione per il passaggio ravvicinato di elementi non identificati… cerchiamo di fare del nostro meglio e preghiamo che sia sufficiente.
oltre il muro a secco la vegetazione è più rada e in alcuni punti sembra aprirsi parecchio, il terreno degrada in una classica dolina carsica quindi l’avvicinamento si presenta arduo. nonostante il vociare non riesco ad individuare il nemico, probabilmente gli operatori sono sistemati al centro della depressione e dalla posizione sopraelevata in cui sono non ho visuale… è tutto coperto dalle cime degli alberi.
un ultimo sguardo, poi è ora di andare.
lentamente mi chino, poggio le mani al suolo e mi sdraio. è un momento importante questo, prendo diretto contatto col terreno, lo abbraccio per sentirlo e ancor più per capirlo. sento la terra, le foglie, gli arbusti… non avanzerò su di esso in modo brusco, sconsiderato e irrispettoso, non sono alieno a questo mondo ma ne faccio parte.
il movimento sarà lento e cadenzato, leggero come quello di uno stelo d’erba, seguirò la via come una foglia portata dal vento. mi muoverò con esso.
mi giro indietro per un attimo e individuo i miei tre compagni, ciò che gli rimane di umano è solo un volto, scuro, striato che traspare appena nella vegetazione. nei loro occhi vedo determinazione, veglieranno sul mio cammino… gliene sono grato.
ora sono pronto, consapevole che la mia vista sarà relegata ad una piccola porzione di sottobosco davanti al mio naso, il compagno che ho dietro guarderà per me. gli accordi sono chiari, nessuna voce via radio, solo un segnale. un click per avanzare, due click per fermarsi. le uniche voci che sentirò saranno quelle che dovrò raggiungere. saranno quelle del nemico.
la discesa non è semplice, avanzo accompagnato dal fruscio delle fronde sospinte dal vento poi mi fermo appena sento due click, per minuti che scorrono lenti come ore. il cuore mi batte forte in petto e sembra far tremare la terra, il respiro è accelerato, mi rendo conto che la parte più difficile è mantenere la calma ma l’adrenalina è un fiume in piena tanto da farmi tremare le mani.
poi arriva lo sperato click singolo, si può proseguire.
alzo la testa per capire dove sono, la vegetazione è rada… troppo rada, un movimento errato e sarei facilmente individuato da una guardia attenta. il centro della depressione carsica è ora molto più vicino, non più di trenta metri ma è scuro e sono ancora troppo alto, non riesco a vedere nulla. le voci però sono più chiare ora. sento tra le tante un tono chiaro, perentorio, che impartisce ordini. sono vicino, devo star calmo e proseguire.
riprendo ad avanzare stringendo tra le mani la preziosa fotocamera, da ciò che riuscirò a catturare con essa dipenderà l’esito della missione.
dopo qualche metro, improvvisamente, mi arrivano all’orecchio in rapida successione doppi click, ripetuti tre, quattro forse cinque volte… azz, è la fine penso, sono ancora in una fascia alta dalla vegetazione radissima. caccio la faccia a terra e mi congelo in un istante pregando di risultare invisibile, mentre intorno a me sento fruscii e calpestii. alcuni mi passano talmente vicini che sento le vibrazioni dei loro passi… devo chiudere gli occhi e appellarmi a tutto il mio autocontrollo, limitare gli atti respiratori e rimanere immobile. passano così minuti che sembrano eterni e all’arrivo del click singolo quasi non ci credo di non essere stato visto.
ricomincio la discesa, mi sento carico come una molla e vorrei quasi alzarmi e correre giù a perdifiato ma calmo mi ripeto, calmo non fare cavolate proprio adesso!
sollevo lo sguardo e nell’intrico di vegetazione scorgo la presenza di due tende, si vedono appena ma sono inconfondibili. ci siamo mi dico, punto sui gomiti e sollevo la fotocamera. messa a fuoco e via, uno, due scatti, ma la sotto la luce è poca e le mani tremano, le istantanee vengono mosse e scure. devo regolare il diaframma e il tempo di esposizione… e trovare un punto dove appoggiare la macchina… e diciamolo, magari andare anche più vicino! ma si, siamo in ballo balliamo si dice in questo caso no?
a pochi metri da me scorgo un cumulo di pietre dalle quali spunta il tronco di un albero, non molto grande, ma di gran lunga la copertura migliore nel raggio di parecchi metri.
è questione di un attimo, lo raggiungo con un paio di balzi imitando la lince che si avventa sulla preda. sono ormai a pochi metri dalle tende, le vedo chiaramente e ora scorgo anche diversi operatori transitare nell’area. aziono la fotocamera e mi appoggio all’albero per avere più stabilità, metto a fuoco e… un ombra in avvicinamento mi raggela.
un operatore di contro-interdizione si avvicina nella mia direzione. rimango paralizzato dalla paura, schiacciato contro l’albero. il nemico si ferma alla tenda più piccola e per diversi istanti guarda nella mia direzione. non nota nulla di particolare perché molto tranquillamente apre la tenda e ci caccia dentro la testa.
non mi perdo l’occasione, la fotocamera l’ho ancora puntata sull’obiettivo, che inaspettatamente, è diventato ghiottissimo. scatto, a ripetizione. immortalo l’operatore nemico e il grado ben visibile che lo contraddistingue appuntato al braccio sinistro. l’otturatore della mia reflex fa un casino mostruoso e gli scatti a me sembrano fucilate, ma non mi importa, ho deciso di giocare il tutto per tutto.
l’operatore non si accorge di nulla e in breve si allontana, e in quel momento vengo assalito da uno stato di euforia incredibile e soffoco dentro di me una piccola risata. cerco di rimanere più concentrato che posso e scatto diverse fotografie ai particolari che riesco a intravedere tra la vegetazione, ma in quel punto è piuttosto fitta, posso contare le tende, memorizzarne la posizione e stimare la grandezza del campo e il numero degli operatori, ma non ho nulla di fotograficamente valido oltre a quello che ho già immortalato.
potrei forse tentare di avvicinarmi di più… superare le prime tende ed entrare direttamente verso il cuore del campo… vedo una ronda avvicinarsi ma ce la posso fare! devo solo aspettare il momento… “fal, fal da p.ice mi ricevi?”
la voce di p.ice mi arriva all’orecchio inaspettata e mi blocco all’istante in ascolto.
“fal, se hai fatto qualche foto sganciati… non rischiare.”
riprendo fiato e mi rendo conto che proseguire potrebbe essere molto pericoloso, inoltre il materiale in mio possesso è molto più di quello che immaginavo di recuperare.
è ora di ripiegare. do una veloce occhiata davanti a me, oltre le tende, contro-interditori in movimento… un operatore è fermo a una decina di metri da me e osserva il crinale da cui sono venuto. devo essere pronto a scattare appena si gira… faccio scivolare la mano alla radio, apro il canale e sussurro il più chiaramente possibile “hoot, pronto a coprire…”
l’operatore gira lo sguardo e io schizzo via in linea retta, tenendomi alle spalle l’albero. in pochi secondi ripercorro il crinale che tanto pazientemente avevo disceso, sfilando uno dopo l’altro i miei compagni piantati in una salda copertura.
il disimpegno dalla zona calda avviene tempestivamente e solo dopo esserci allontanati per alcune centinaia di metri riusciamo a fermarci a prendere fiato. che esperienza ragazzi, sono mentalmente esausto… ho dato veramente il massimo.
di comune accordo decidiamo di intraprendere la via del ritorno, ma visto che ci siamo, passeremo la notte all’aperto, poi domattina esfiltreremo all’alba.
l’ora è ormai tarda e il tramonto è prossimo, sono circa le 18.30 quando decidiamo di fermarci per allestire un ricovero per la notte. qui avviene un episodio che ha dell’incredibile… mentre io e hicks procediamo ad allestire una zona a ricovero notturno, p.ice di guardia ci comunica di fermarci immediatamente. due contro-interditori spuntano all’improvviso dalla boscaglia con fare circospetto, sono chiaramente in caccia. io e hicks, stesi a terra immobili non abbiamo nessuna copertura… io addirittura indosso solamente la mimetica, il resto dell’equipaggiamento, compreso l’asg, giacciono a qualche metro da me, irrecuperabili senza farsi scoprire.
con la faccia a terra striscio fino per mezzo metro schiacciandomi contro i resti di un muro a secco. d’improvviso rumori alla nostra destra, oltre il muretto a secco e un secondo dopo si scatena l’inferno! secondi interminabili di raffiche da più direzioni intervallate da grida “colpito!”
io mi domando cosa diavolo succede, alzo lo sguardo e vedo due interditori che a passo svelto passano in mezzo ai miei compagni e si dirigono verso la pattuglia di contro.
come se non esistessimo si scambiano quattro parole, i ragazzi forniscono le loro generalità e poi si dileguano.
la contro era in caccia ma non eravamo noi la preda. incredibile, siamo stati proprio nel mezzo dello scontro.
pochi minuti dopo anche la pattuglia di contro-interdizione si rimette in movimento, fortunatamente ritornando da dove erano venuti.
è ormai il crepuscolo e il sottobosco è quasi buio. riprendiamo le nostre cose e ci allontaniamo ulteriormente dalla zona.
quando finalmente ci fermiamo il buio ha inghiottito quasi interamente il bosco e siamo costretti ad allestire un ricovero di fortuna non propriamente comodo…
dopo una notte gelida e interminabile accogliamo la timida alba come una liberazione. il tempo di insaccare poncho e sacco a pelo e via, verso l’esfiltrazione.
un’esperienza incredibile, veramente, la dimostrazione che il corso sperec è servito e non poco…
ringrazio per questo tutti i ragazzi che con pazienza, perizia e scrupolosità ci hanno insegnato la “nobile arte” della ricognizione, in particolare il vecio che al corso è stato veramente una guida… peccato che non ci fosse lui al hq nemico, chissà se ci avrebbe visti… alla prossima!
wow che bel deb. sembrava di esser li a terra a strisciare con te.
quello che ti porti a casa con eventi così non è un bravo datoti dagli organizzatori....è una serie di emozioni ben più appagante (e spesso tale rimane anche se si viene scoperti!) .....ed è questo che noi organizzatori, sat ed orsi, abbiamo tentato di dare ai clubs, che si sono cimentati con noi sia in interdizione che in controinterdizione..... quando leggiamo questi racconti.....pensiamo ..... cavolo.... obiettivo raggiunto!![]()