Reference Pics
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Kit list
OD T-shirt*;
tropical pants with USMC khaki belt;
jungle boots;
M1 helmet with Mitchell camo cover and rubber strap;
M1955 vest 3rd version;
M17 gasmask with bag;
M41 suspenders with grenade ring, late OD pattern;
M61 belt;
M61 ammo puch X2;
M1910 canteen cover X3 (X1 1910 metal canteen + X2 1 quart plastic canteens);
Ka-Bar with black converted brown sheath;
M1916 holster;
Jungle first aid pouch 1st pattern;
M1923 Double pistol mag pouch;
5.56 bandoleer X2;
M26 grenades* X2;
Colt M1911A1*;
Colt M16A1* with M14 sling.
Perdonate se mi perdo un po’ in chiacchiere, ma è la prima volta che mi addentro nel Vietnam e volevo rendervi partecipi di alcune scelte (in ogni caso parlo per chi ha voglia di leggere!).
Durante la permanenza dei Marines in Vietnam si è visto di tutto: M1910, M1923, M36, M41, M45, M56, M61 e sul finire anche M67, tutto rigorosamente mischiato. Il portacaricatore small arms M56 era una eccezione particolarmente apprezzata dai Marines, rendendolo popolare tra i primi oggetti da procurarsi per implementare il proprio M61, poiché ovviava al problema di trasportare in posizione accessibile due granate M26. La difficoltà era chiara, per averle a portata di mano le granate venivano agganciate o nei soliti posti abbastanza discutibili (come la pouch “pendente” a 6 scomparti e nelle tasche cargo) oppure in sistemazioni a dir poco precarie. Avrei potuto concedermi la licenza poetica di usare materiale M36 o M41 in pattern WW2 (mi sarebbe stato anche più facile: lo avevo già!) oppure di mettere qualche pezzo M56. Tuttavia, ho evitato la pouch small arms M56 (anche se per Hue sarebbe stato addirittura più corretto metterla) e mi sono complicato la vita con l’M61, per veridicità storica.
Inoltre, nel caso di Hue e anche in generale, il carico trasportato era molto difforme da Marine a Marine. Ci sono foto dove nella stessa azione, c’era chi faceva la parte del mulo (anche con 4 borracce o 3 bandoliere e zaino), chi era scarico fino all’osso (senza nemmeno il cinturone) e portava tutto nella borsa per claymore, riadattata a tascapane.
Siccome ho la faccia da irrimediabile mangiaspaghetti, per le foto ho usato un mio amico dall’aria più americana. Ho caricato tutto il set-up a peso reale: i caricatori nelle bandoliere, ad esempio, sono dei simulacri artigianali a peso reale… e devo dire che non pensavo potesse pesare così tanto una bandoliera! Il peso di tutto il materiale raggiunge una certa consistenza, ho ritenuto importante rispettare tale dettaglio, poiché all’epoca giocava un ruolo fondamentale e volevo immedesimarmi nel soldato per meglio capire come distribuirlo.
Inizialmente temevo che fosse troppo presto per il 1968 usare un M1955 vest antischegge terza versione, conscio del fatto che comunque si fosse già visto in giro. Fortunatamente esaminando il materiale fotografico sono venuti fuori non pochi M55 in terza versione, cioè aventi le chiusure delle tasche anteriori a patta rettangolare e con bottone a vista, oltre che a un trattieni-cinghia anche sulla spalla sinistra, per soddisfare i tiratori mancini. Nonostante sull’antischegge ci fosse una specie di cinturone integrato, all’atto pratico quasi nessuno lo usava. Tantomeno venivano sistemati i portacaricatori M61 nella più accessibile conformazione “upside-down” (appositamente consentita dal doppio bottone) forse perché poco sicura o incline a raccogliere la sporcizia. Il vest M55 è stato il mio punto di partenza, erano anni che ne cercavo uno per iniziare questo set-up, senza voler spendere una fortuna.
Il Ka-Bar l’ho visto messo ovunque, persino incastrato in uno strappo del vest. Io ho usato una soluzione che ho notato in alcune foto, della quale però non ho mai avuto conferma storica: ho spostato la cinghietta di chiusura del fodero il più in basso possibile, in modo che non interferisse col vest, creando un “canale” dove l’antischegge potesse “scorrere” durante i movimenti. Invece di renderlo ben accessibile, il vest copre ed ingloba l’equipaggiamento. La sfida sta tutta nel rendere agevole l’accesso alle giberne, tenendo conto che l’antischegge ricopre il cinturone all’altezza della vita. In ciò gioca molto la statura del soldato.
Pensando ad un sergente, volevo utilizzare un più vecchio XM16E1, ma per ottenerlo dovevo comprare due gusci completi G&P, rispettivamente versioni M16 e M16A1, e prendere di uno l’upper con brass senza forward e dell’altro il lower full fence. Un piano abbastanza elaborato, ma più che altro troppo costoso per un vezzo di classe così ricercato. Per cui ho optato per un M16A1, comunque perfettamente corretto per l’epoca, visto che i Marines in quel periodo usavano un mix di XM16E1 e M16A1.
Piccola curiosità. Poco prima di pubblicare le foto le faccio vedere ad un amico e gli dico che sono Hue ’68, lui mi risponde: “fai FMJ allora”? Ho guardato “Full Metal Jacket” un bel po’ di volte, ma nel periodo che organizzavo tutto non mi è venuto alla mente che la seconda parte effettivamente veniva data come Hue City. Sia equipaggiamento che location del film erano talmente sbagliate (per carità, quello passava il convento), che dopo tante ref pics mi era persino passato di mente dove fosse ambientata la famosa pellicola! Comunque, per quelli che sentono per forza l’irrefrenabile impulso di abbinare un set-up Vietnam al mondo del cinema, posso dire che l’unico film ad alto costo che abbia rispettato di buon grado vestiario ed equipaggiamento del Corpo dei Marines, è “Nato il Quattro Luglio”. Una accortezza non di poco conto, soprattutto se si conta che i film che dedicano solo una breve sequenza alla guerra, di solito non si preoccupano eccessivamente di curare i dettagli storici.