Buonasera a tutti.
L'Ente di Promozione Sportiva CSAIn/Centri Sportivi Aziendali Industriali a cui la nostra ASD è affiliata, ci sta inviando una serie di interessanti delucidazioni su argomenti che riguardano le normative preposte al funzionamento del modello associativo scelto.
Da noi, da molti altri... e dalla maggior parte delle associazioni che praticano il SoftAir.
Ho consultato la segreteria dell'Ente e, avendone ricevuto il via libera... posto qui, sperando di fare cosa gradita.
COME DISTINGUERE L'ATTIVITA' ISTITUZIONALE DA QUELLA COMMERCIALE
Scrive lo CSAIn:
Oggi cerchiamo di fornire risposta a tutti gli operatori del terzo settore che si domandano se sia necessario che l’Associazione apra (o meno) una posizione IVA per svolgere determinate attività.
In prima battuta occorre puntualizzare che il numero di partita IVA, in caso di apertura della stessa, non sarà intestato al Presidente (come alcuni immaginano), ma direttamente all’Associazione, dal momento che sarà la stessa (e non il Presidente) ad esercitare attività di natura commerciale.
Al di là di questa precisazione, è opportuno richiedere sempre e comunque il numero di partita IVA in una fase successiva alla richiesta del Codice Fiscale, onde evitare che vengano attribuiti all’Associazione un numero di Codice Fiscale e di partita IVA coincidenti (in questo ultimo caso infatti, qualora l’Associazione decidesse di chiudere la partita IVA, si troverebbe a non poterlo fare in quanto coincidente con il Codice Fiscale).
Distinguiamo quindi i corrispettivi di natura istituzionale (per i quali non occorre che l’Ente sia in possesso di partita IVA) da quelli di natura commerciale.
CORRISPETTIVI ISTITUZIONALI, per i quali è sufficiente essere in possesso del solo Codice Fiscale:
- Incasso di quote sociali (ovviamente corrisposte dai Soci);
- Incasso di quote attività/corsi (ovviamente corrisposte dai Soci);
- Incasso di erogazioni liberali/donazioni;
- Incasso derivante da raccolta pubblica di fondi.
CORRISPETTIVI COMMERCIALI, per i quali è indispensabile che l’Ente sia in possesso anche della Partita IVA:
- cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita (merchandising), ivi inclusi gli incassi di corrispettivi provenienti da soggetti terzi (e dunque non soci);
- erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
- gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
- incassi di affitti;
- gestione di spacci aziendali e di mense;
- somministrazione di alimenti e bevande (NON è vero che, se rivolta ai soci, detta attività ha connotazione istituzionale);
- prestazioni di trasporto e di deposito;
- ·organizzazioni di viaggi e di soggiorni turistici;
- prestazioni alberghiere e di alloggio;
- prestazione di servizi portuali ed aeroportuali;
- telecomunicazioni e radiodiffusioni;
- pubblicità e sponsorizzazioni.
Premesso che l’attività commerciale all’interno di un Ente non profit in ogni caso deve avere necessariamente natura secondaria e sussidiaria rispetto all’attività istituzionale (non a caso può essere definita anche come “attività connessa”), tale rilevanza dovrà poi essere valutata sia sotto l’aspetto quantitativo (le entrate commerciali devono essere inferiori a quelle istituzionali) che sotto il profilo qualitativo (destinazione delle risorse).
Per ulteriori richieste specifiche e/o di approfondimento, si precisa che il presente articolo è stato predisposto a cura di:
Dott. Stefano Bertoletti
Dott. Gabriele Aprile
Dott. Alberto Gambone
Mail - csain@espertinonprofit.it
Skype - esperti.csain
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