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Discussione: ASD - SSD: cosa significa divieto di distribuzione utili.

  1. #1
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    Predefinito ASD - SSD: cosa significa divieto di distribuzione utili.

    Nuovamente buongiorno a tutti.
    L'Ente di Promozione Sportiva CSAIn/Centri Sportivi Aziendali Industriali a cui la nostra ASD è affiliata, ci sta inviando una serie di interessanti delucidazioni su argomenti che riguardano le normative preposte al funzionamento del modello associativo scelto.
    Da noi, da molti altri... e dalla maggior parte delle associazioni che praticano il SoftAir.
    Ho consultato la segreteria dell'Ente e, avendone ricevuto il via libera... posto qui, sperando di fare cosa gradita.


    ASD - SSD: cosa significa divieto di distribuzione utili?

    Scrive lo CSAIn:
    Per valutare la correttezza dello statuto di un’Associazione o Società Sportiva Dilettantistica (oltre che degli altri Enti non profit) occorre verificare la totale compatibilità del medesimo con quanto previsto dalla legge per la concessione dei benefici fiscali: una delle clausole che necessariamente deve essere indicata (oltre che ovviamente rispettata) è la previsione del divieto di distribuire direttamente o indirettamente utili o avanzi di gestione durante la vita dell’Associazione.
    Cerchiamo quindi di rispondere ad una delle domande più ricorrenti che sono soliti porsi la maggior parte degli operatori degli Enti Associativi:
    rivesto una carica all’interno del Consiglio Direttivo: posso essere pagato”?
    La questione è molto delicata.
    Infatti, in linea astrattamente teorica, la risposta al quesito secondo la normativa attualmente vigente dovrebbe essere affermativa, ma tale impostazione potrebbe innescare una serie di criticità che andiamo a definire di seguito.


    Gli Enti senza finalità di lucro infatti (Società e Associazioni Sportive Dilettantistiche, Culturali, di Promozione Sociale, ONLUS, …) non possono, per legge, distribuire in via diretta e/o indiretta utili e avanzi di gestione (così l’art. 10 co. 1 lett. D del D. Lgs. 460/1997).
    Ciò significa che non è possibile che vengano corrisposti denari ai membri del Consiglio Direttivo (e ovviamente nemmeno ai Soci del sodalizio) per la semplice carica che essi ricoprono.
    Detti soggetti possono però certamente essere compensati per le attività che essi realmente prestano (stante ovviamente il rispetto dei requisiti imposti dalla normativa nel singolo caso di specie, e dunque ad esempio l’esistenza e la stipula di apposito contratto di lavoro/collaborazione, ecc …).

    La criticità che emerge in relazione a questo aspetto ruota dunque attorno alla dimostrabilità certa che i compensi percepiti da un membro del Consiglio Direttivo di un’Associazione o da un socio della stessa siano riconducibili ad attività che effettivamente sono state svolte per il bene del sodalizio.
    In parole più semplici: posto che, come precisato, esiste per legge il divieto di distribuire direttamente e/o indirettamente utili e avanzi di gestione, ma non quello di compensare chi presta la propria opera per l’Ente, in sede di un’eventuale verifica ed a fronte di specifiche contestazioni in tale direzione occorrerà dimostrare che i denari corrisposti ad un membro qualsiasi del Consiglio Direttivo od anche ad un Socio (e da questo soggetto ovviamente regolarmente fatturati o comunque erogati sulla base di un altro contratto se non si tratta di un libero professionista) rispondono ad attività che questi hanno effettivamente prestato a favore dell’Ente e per la crescita del sodalizio, e non per la carica rivestita all’interno dell’Associazione né tantomeno per trarne un lucro ed un beneficio strettamente personale (sotto tale profilo precisiamo che fanno eccezione le Associazioni di Volontariato costituite ai sensi della L. 266/1991 per le quali è espressamente vietata dalla legge la possibilità di corrispondere compensi a soci e amministratori).
    I compensi dovranno pertanto essere proporzionati all'attività svolta, oltre che ovviamente al volume delle entrate dell'Ente, nella consapevolezza che non esiste un parametro o una regola precisa, salva la previsione del già citato art. 10 del D. Lgs. 460/1997 (questa volta co. 6) in base al quale
    si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione: a. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità …
    b. l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
    c. la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica … per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni;
    d. la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto;
    e. la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche”.

    Ferme tutte le considerazioni di cui sopra, precisiamo infine che sono sempre possibili i rimborsi per le spese effettivamente documentate nell'ambito delle attività dell'Associazione.

    Per ulteriori richieste specifiche e/o di approfondimento, si precisa che il presente articolo è stato predisposto a cura di:



    Dott. Stefano Bertoletti
    Dott. Gabriele Aprile
    Dott. Alberto Gambone
    Mail - csain@espertinonprofit.it
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    ------ Post aggiornato ------

    Quando posso percepire compensi, rimborsi e indennità, ex legge 342/2000?

    La Legislazione italiana evidenzia e privilegia (sotto molti versi giustamente) la funzione ed il ruolo sociale dello sportivo dilettante.
    Per questo motivo sono state introdotte dal Legislatore talune norme di legge (la celebre 342/2000) che, considerato il forte e alto impatto sociale delle attività sportive dilettantistiche e senza fine di lucro, hanno determinato e definito aree di neutralità fiscale (o di imposizione estremamente contenuta).


    I compensi/rimborsi erogati ex lege 342/2000 (i famosi 7.500 euro) si configurano quali “redditi diversi” ai sensi dell'articolo 67 del D.P.R. 917/86 (T.U.I.R.).
    Detto articolo stabilisce che per qualificare un reddito come "diverso" sia necessario che lo stesso non venga percepito nell'esercizio di arti e professioni, e nemmeno in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
    Precisa infatti la lettera m) di detto articolo, che non costituiscono redditi di capitale
    le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto”.


    In questa linea la circolare ENPALS 13/2006 ha definito il reddito professionale sulla base dell’esame dell’attività posta in essere, qualificandola in tale maniera a patto che emergano in via concorrente i seguenti indici:

    1) l’attività, quantunque esercitata in via non esclusiva né preminente, si sviluppi con caratteristiche di abitualità (per la definizione si legga la Cass. Sez. III pen., 20 giugno 1988, n.1052);
    2) la misura delle somme complessivamente percepite non abbia caratteristiche di marginalità.


    Per comprendere dunque quali requisiti debbano essere soddisfatti per poter beneficiare della disposizione agevolativa in argomento occorre dunque distinguere l'attività sportiva dilettantistica da quella professionistica.
    Sul punto la dottrina più recente ritiene che la distinzione tra prestazione professionistica e dilettantistica dovrebbe avvenire sulla base del concetto di prevalenza, ricorrendo ad una valutazione da effettuarsi caso per caso e in concreto (dalla qualificazione delle singole Federazioni), in quanto la prestazione sportiva in modo continuativo e oneroso non è di esclusiva prerogativa dello sportivo professionista.
    In proposito si legge infatti che è
    da considerarsi […] come professionistica la prestazione esercitata prevalentemente o esclusivamente dietro un compenso che fornisca la fonte principale di sostentamento all’atleta e che, in concreto, sia di importo superiore al limite imponibile, esente da I.R.P.E.F. (e non cumulabile con altro reddito) fissato per i rimborsi spesa degli sportivi dilettanti”,
    ed al riguardo è chiaramente richiamato il parametro di € 7.500,00, in quanto la prestazione sportiva in modo continuativo e oneroso non è di esclusiva prerogativa dello sportivo professionista.


    Stanti tali premesse, a fini riepilogativi, questo risulta essere il quadro di riferimento:
    - i redditi ex lege 342 così come disciplinati dal combinato disposto con l'articolo 67 del T.U.I.R. si qualificano “diversi”, segno evidente che non possono rappresentare la principale fonte di sostentamento del percettore;
    - tali redditi si possono percepire a condizione che lo sportivo dilettante che ne beneficia veda soddisfatto sia il requisito soggettivo da parte dell'Ente che li eroga (iscrizione al Registro del CONI) sia quello oggettivo proprio del percipiente stesso (qualificazione dilettantistica dell'attività svolta);
    - i redditi “diversi” così come qualificati non prevedono contribuzione previdenziale alcuna, segno evidente che non possono rappresentare compensi di lavoro (dipendente e/o autonomo) per l'attività svolta.
    Pertanto, se un soggetto si considera un professionista qualificato nel settore sportivo (istruttore, personal trainer, …) e questa attività costituisce la sua professione, detto soggetto non potrà in alcun modo qualificarsi quale sportivo dilettante solo per usufruire degli indubbi vantaggi fiscali rappresentati da neutralità fiscale e previdenziale.


    Per ulteriori richieste specifiche e/o di approfondimento, si precisa che il presente articolo è stato predisposto a cura di:

    Dott. Stefano Bertoletti

    Dott. Gabriele Aprile

    Dott.ssa Chiara Procarione

    Dott. Alberto Gambone

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    Ultima modifica di Grigio; 13/01/2014 a 12:20

  2. #2
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    Predefinito

    Un ulteriore aggiornamento sugli stessi temi ricevuto oggi nella news letter dell'Ente di Promozione Sportiva CSAIn/Centri Sportivi Aziendali Industriali.

    Scrive lo CSAIn:
    ATTENZIONE!
    La Magistratura chiarisce la disciplina dei compensi ai collaboratori sportivi (esattamente come indicato nella precedente newsletter,
    vedi sopra n.d.r.): “Quando posso percepire compensi, rimborsi e indennità, ex legge 342/2000?”)

    Care Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, non molte settimane orsono Vi abbiamo inviato una newsletter che ha suscitato molto scalpore dedicata all’approfondimento delle tematica dei “rimborsi sportivi” intitolata “Quando posso percepire compensi, rimborsi e indennità, ex legge 342/2000?”.
    Ebbene, da quella data ad oggi (in realtà da anni ad oggi …) NULLA sotto il profilo normativo risultato mutato, con l’eccezione che sono state pubblicate e depositate due rilevantissime sentenze sul tema che hanno contribuito a definire i limiti di applicazione dei celeberrimi rimborsi sportivi esenti fino a 7.500 euro/anno (ex lege 342/2000).
    Non temete però: se avete seguito la logica definita nella precedente newsletter potete stare tranquilli …
    In ogni caso Vi suggeriamo di investire cinque minuti del Vostro tempo per comprendere le motivazioni in base alle quali due differenti Enti sportivi (Società Sportiva Dilettantistica la prima, Associazione Sportiva Dilettantistica la seconda) abbiano ricevuto una sanzione rispettivamente da 425.524,61 euro una e da 54.146,85 euro l’altra in relazione alla problematica in questione.


    SENTENZA N. 671/2013 pubblicata il 06/06/2013 RG. N. 8/2011
    TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE, SEZIONE LAVORO
    L’art. 67 comma 1 lett. m individua quali redditi diversi per i quali non è previsto il versamento di contributi ” se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”…
    m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.

    La suddetta norma è stata poi oggetto di interpretazione autentica da parte dell’art. 35 comma 5 DL 207/08 nel senso che “nelle parole esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche contenute nell’art. 67 comma 1 lett. m) TUIR sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.
    Enpals … nega il carattere sportivo dilettantistico delle prestazioni dei lavoratori della pretesa azionata, assumendone al contrario la natura professionale.
    A fronte di tale contestazione spettava a parte ricorrente, la quale invoca una esenzione dall’obbligo, provare la sussistenza dei presupposti per l’esenzione (…) e dunque il carattere occasionale e marginale dell’attività svolta dai singoli lavoratori oggetto dell’accertamento, essendo evidente che la natura professionale dell’attività esclude in radice la possibilità di far rientrare i proventi nell’ambito di applicazione dell’art. 67 TUIR.
    Tale prova non solo non risulta fornita (né avrebbe potuto esserlo attraverso la generica prova testimoniale richiesta, peraltro vertente su circostanze pacifiche o irrilevanti), ma al contrario in atti vi sono elementi per ritenere provata la natura professionale dell’attività svolta dalla più parte dei lavoratori.

    E’ noto che la giurisprudenza ha elaborato alcuni criteri generali per individuare in concreto il carattere professionale dell’attività lavorativa (…).
    Tali criteri possono essere così riassunti:
    - Utilizzo, nello svolgimento dell’attività stessa, di particolari conoscenze tecniche;
    - Abitualità dell’attività che, sebbene non necessariamente esclusiva o prevalente, sia svolta con caratteri di continuità e ripetitività;
    - Connessione ed accessorietà rispetto ad altra attività lavorativa ordinariamente e professionalmente svolta;
    - Carattere non irrisorio o comunque marginale rispetto al reddito medio, delle somme percepite.
    Nel caso di specie tutti i 55 collaboratori oggetto della residua pretesa contributiva appaiono aver svolto la loro attività con carattere di continuità e ripetitività (risultano aver lavorato per almeno tre annualità con cadenza periodica) percependo compensi di natura sicuramente non marginale rispetto al reddito medio (escludendo il caso limite del Direttore ___ che percepisce un reddito annuo di circa 39.000 euro, il reddito complessivo medio annuo degli ulteriori collaboratori si aggira tra i 5.000 e i 6.000 euro).
    Tanto basta per escludere l’applicabilità dell’invocata esenzione.

    P.Q.M.
    In parziale accoglimento del ricorso annulla la cartella impugnata e condanna parte ricorrente al pagamento della somma di 425.524,61 euro, oltre interessi e somme aggiuntive da calcolarsi a far data dal …


    SENTENZA N. 9284/2013 pubblicata il 11/07/2013 RG. N. 6732/2013
    TRIBUNALE DI ROMA, SEZIONE LAVORO
    “L’art. 67 TUIR, nell’elencare i “redditi diversi”, come tali non soggetti a contribuzione stabilisce alla lettera m) che rientrano tra l’altro in tale categoria “le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto.
    Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche”.
    L’art. 35, comma 5, DL 207/2008 ha fornito un’interpretazione autentica della frase “nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche”, chiarendo che in tale concetto “sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.
    Dalla lettura della norma si ricava che, ai fini dell’inclusione tra i “redditi diversi” dei compensi erogati nell’ambito delle associazioni dilettantistiche, devono ricorrere due condizioni: le prestazioni remunerate devono avere carattere non professionale e devono essere rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.
    Alla luce della citata norma di interpretazione autentica, la seconda condizione può dirsi soddisfatta anche quando la prestazione è resa al di fuori di competizioni dilettantistiche o non è ad esse funzionale.
    Lo ha riconosciuto lo stesso Enpals con la circolare n. 18 del 2 novembre 2009, adottata in epoca successiva all’accertamento ispettivo per cui è causa. Non può dirsi pertanto rilevante il fatto che nella specie i tre istruttori non siano stati remunerati per aver preso parte a gare o per le attività svolte in vista di esse.
    La norma di interpretazione autentica non ha tuttavia inciso sulla prima condizione richiesta dal testo originario dell’art. 67, lett. m). Indipendentemente dalla forma della collaborazione, subordinata o autonoma, la prestazione remunerata non deve avere carattere professionale.
    Si tratta dunque di stabilire quando un’attività resa nell’ambito delle associazioni sportive dilettantistiche abbia carattere professionale.

    Affinché i compensi erogati in favore di istruttori, tecnici, collaboratori dell’associazione possano andare esenti da contribuzione, è necessario che l’attività da loro svolta non sia abituale e non abbia alle spalle un bagaglio di competenze tecniche spese nell’esecuzione della prestazione.

    Nella specie, la professionalità della collaborazione resa dai tre istruttori è dimostrata da plurimi e convergenti elementi.
    Tutti e tre gli istruttori tenevano dei corsi stabiliti presso l’associazione, almeno tre volte alla settimana, di tre o quattro ore per ogni giornata. Lo hanno loro stessi dichiarato agli ispettori Enpals (…) e lo riconosce l’opponente, allorché dichiara in ricorso che essi gestivano tali corsi in piena autonomia, sia sotto il profilo organizzativo che nella scelta delle giornate in cui effettuare le proprie prestazioni: … Ciò non soltanto dimostra che essi rendevano una prestazione stabile in favore dell’Associazione, ma anche che erano in possesso di un’adeguata competenza tecnica, se rendevano tale prestazione in piena autonomia.
    In tale contesto, il fatto che l’opponente dichiari che almeno due degli istruttori preparavano gli allievi per manifestazioni o gare sportive, talvolta per conto di un’altra associazione (…), lungi dallo smentire la tesi della natura professionale della loro attività, la avvalora.
    Pur costituendo esercizio diretto dell’attività dilettantistica, la prestazione resa dai tre istruttori aveva carattere professionale, in quanto essi erano dotati di tali competenze tecniche (dunque, professionali) da poter preparare gli allievi (pur dilettanti) a gare, spettacoli e manifestazioni.
    In terzo luogo, il compenso erogato in favore degli istruttori non era occasionale, ma fisso, ed era tale da poter costituire per loro una fonte autonoma di sostentamento o comunque un contributo significativo, se proporzionato all’impegno richiesto (l’istruttore ___ ha dichiarato di aver percepito circa 1.700 euro al mese in base alle ore, la ____ 1.500 euro al mese, il ___ 9,00 euro netti all’ora).
    Tutti questi convergenti elementi portano a ritenere che in capo all’opponente sussistesse, indipendentemente dalla natura subordinata o autonoma del rapporto lavorativo intercorso con i tre istruttori e del tipo di contratto con loro concluso (ex art. 90, l. 289/2002), l’obbligo contributivo rivendicato dall’Enpals e oggi dall’Inps.
    L’opposizione va pertanto rigettata.

    P.Q.M.
    Così definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA ___ nei confronti dell’Inps …:
    - Rigetta l’opposizione, confermando l’avviso opposto …


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    Ultima modifica di Grigio; 15/01/2014 a 19:02

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