Chiedo scusa per il ritardo ma il periodo è davvero molto "pieno" e il tempo per concentrarsi e scrivere è molto ridotto.
Posterò anche le foto tra qualche giorno così da completare il deb ma nel frattempo ecco qualche riga da leggere...
Partire in aereo o in nave fino ad approdare in terra Sarda è già di per sé una storia tutta da raccontare.
Ma se a questa sensazione di libertà e benessere aggiungiamo l’eccitazione di una missione tutta da vivere, non possiamo non essere sovraeccitati ed entusiasti di ciò che ancora dovrà accadere.
Trascorrere 42 ore tra la vegetazione sarda è un sogno per pochi e noi lo respiriamo tutto, anche se le previsioni ci riportano un bollettino meteorologico degno di un tipico film catastrofico “made in USA”.
Il ritrovo in piazza a Laconi avviene alle ore 12:00 circa.
Il vento forte e qualche goccia di pioggia costringono le pattuglie ad attendere rintanati nelle proprie auto, mangiando qualche panino e chiacchierando della missione.
Al briefing incontriamo vecchi e nuovi amici che come noi si preparano all’interdizione, saluti, strette di mano e qualche foto di rito.
Mentre Save ci spiega cosa dovremmo fare e ci consegna i simulacri per svolgere la missione ( un relè rosso ed uno blu, necessari per il sabotaggio del missile Georgiano ) un’auto della protezione civile passa e con il megafono a tutto volume invita la popolazione a stare ben rintanata in casa nel pomeriggio, perché una specie di diluvio imperverserà fino a notte fonda
Con qualche smorfia di intesa, qualche dubbio, e tanta grinta ci salutiamo tutti e siamo pronti a partire.
La domanda è sempre la stessa: ma chi ce lo fa fare? Sinceramente non ho ancora trovato risposta ma se dovessi trovarla ve lo farò sapere.
Traslochiamo tutto il nostro materiale sulle 2 macchine a noleggio e partiamo verso quello che abbiamo stabilito essere il punto per noi più consono all’infiltrazione, situato sulla strada a Nord-Est di A.O.
Nel frattempo l’acqua scende sempre più forte.
Fortunatamente abbiamo previsto di portare una tenda da montare tra le 2 auto e, con questo metodo, ci cambiamo all’asciutto consapevoli che dopo poche ore saremo già inzuppati fino alle mutande.
In fase di pianificazione avevamo studiato il video in maniera maniacale per stabilire il punto esatto dove avremmo trovato l’ingresso della miniera in cui dovevamo infiltrarci.
All’interno avremmo dovuto inserire un agente chimico nel ciclo di produzione di una tanto innovativa quanto distruttiva arma dell’Ossezia, disattivandone la minaccia di distruzione di massa.
Dopo aver incrociato le immagini prese dal video con quelle tratte da Google Earth e aver ricavato il punto esatto di ingresso della miniera, è bastato studiare la conformazione delle rocce e della vegetazione per capire anche il punto esatto in cui gli operatori del 185° RAO avevano girato il video in nostro possesso (fornito con il book ).
E’ così che abbiamo stabilito di allestire anche noi un POA, nello stesso punto, proprio dalla parte opposta della miniera.
Da li volevamo capire anche dove l’Ossezia nascondeva i progetti dell’arma così da capire quale fosse il reagente chimico esatto da utilizzare per il sabotaggio.
In fase di briefing però il sito di stoccaggio dei progetti ci è stato comunicato direttamente da Opcom e i nostri piani quindi sono cambiati.
Questo perché il luogo in cui dovevamo recarci era più vicino di quello che pensavamo e, inoltre, la nostra infiltrazione è avvenuta alle 17:00 quindi troppo tardi per un’osservazione a distanza.
Dovevamo rimanere sullo stesso lato della montagna della miniera e tentare il tutto e per tutto, approfittando del buio.
Decidiamo di non entrare in AO dalla strada e quindi ci portiamo un po’ più in basso alla ricerca di un sentiero che ci faccia aggirare la collina e ci porti verso un secondo sentiero che ci conduca diritti verso la miniera facendo però una piccola deviazione in un caseggiato dove avremmo trovato i progetti e le istruzioni per manomettere l’arma chimica.
Iniziamo ad attraversare qualche campo con filo spinato, troviamo il sentiero ma questo ci riporta sulla strada principale e non ce n’è nessuno che parta in direzione della miniera; in quel momento capiamo che la cartina è poco affidabile: molto male.
Fortunatamente, in fase di pianificazione, avevamo incrociato i sentieri della cartina con quelli visibili da Google Earth quindi qualche sentiero realmente esistente lo avevamo segnato ma, questa condizione di inaffidabilità della carta, rende le decisioni del TL/Cartografo molto difficili da prendere.
Arriva il buio e , dato che macchine non ne circolano, percorriamo un pezzo di strada.
Capiamo subito però che la strada asfaltata è troppo pericolosa in quanto qualcuno ci potrebbe vedere e quindi, alla vista del primo sentiero, ci buttiamo nella boscaglia puntando in basso.
Il fiume “incazzato” si sente molto bene, la pioggia insiste e il terreno non ci permette di fare una “gran bella passeggiata” e ,con qualche difficoltà, raggiungiamo la rete di recinzione di un fabbricato.
Giriamo un po’ e troviamo un varco, ci infiliamo dentro e acquisiamo il nostro primo obj.
E’ un ottimo colpo al nostro morale messo a dura prova dalle numerose scivolate sul fango che abbiamo già affrontato durante questo breve tragitto.
Ci spostiamo di circa 50 metri e facciamo il punto della situazione.
Siamo tutti molto contenti di come la squadra sta reagendo, la serietà è alle stelle e ognuno sembra sapere esattamente cosa fare, tutto gira benissimo, ovviamente anche la pioggia!
La galleria che pensavamo avesse ospitato l’arma, vista dai filmati che l’intelligence ci aveva procurato, non dista molto dalla nostra attuale posizione ma c’è una piccola salita di grossi sassi squadrati illuminata da un faro piazzato in posizione rialzata.
E’ una “rumorosa trappola per topi” ma non abbiamo altra scelta quindi, con rapidi movimenti a sbalzi, seguiamo le strisce d’ombra e cerchiamo di rimanere il più possibile occultati quando, proprio nel mezzo della salita, vediamo delle torce arrivare dall’alto.
Indietreggiamo rapidamente e ne notiamo altre provenire anche dal sentiero sottostante.
Adrenalina a mille!
Non abbiamo altra scelta che congelarci in un provvidenziale buco di rocce e cespugli dove a malapena riusciamo a nasconderci.
Speriamo che la contro non illumini proprio da questa parte!
Aspettiamo che le acque si calmino e ripartiamo per la galleria, due davanti prendono posizione mentre due dietro forniscono copertura. Con questo metodo ci portiamo tutti e quattro sulla strada appena prima dell’ingresso.
Due operatori entrano e mettono il liquido nella capsula mentre gli altri due fuori fanno da “palo” controllando la zona. Il silenzio radio verrà interrotto solo ed esclusivamente in caso di pericolo reale ed imminente.
Una volta terminato il tutto ci inoltriamo seguendo la strada all’interno della miniera.
Dobbiamo necessariamente attraversarla per arrivare al ponte che ci permetterà di passare dall’altra parte dell’Area Operativa.
Studiamo le stampe satellitari così da sapere il percorso da affrontare.
La tensione è altissima mentre attraversiamo la miniera, orecchie “rizzate” e bocche di fuoco in puntamento.
Ci fermiamo dietro una casa per fare il punto della situazione e constatiamo che il percorso è corretto, tutto procede come da copione quindi non ci rimane che continuare a tenere la guardia alta e proseguire lungo la strada fino al ponte.
Da li in poi ci aspetta una salita lunghissima ed estenuante.
Qui la stanchezza inizia a prendere il sopravvento, e Jack confessa che ogni tanto si ritrova a camminare con gli occhi chiusi.
Il percorso che stiamo affrontando prevede circa 2 Km su strada asfaltata ( RECINTATA DA AMBO I LATI! ) in salita e 1,5 Km nella boscaglia su terreno pianeggiante. Se tutto “filerà liscio” raggiungeremo il luogo di bivacco (deciso in fase pianificazione) per le H 07:00 a nord est di C.se Pauli Longa.
Qui, presumibilmente, dovremo modificare le coordinate di lancio del missile Georgiano.
Com’è nostra consuetudine, per raggiungere l’obj, non utilizzeremo nessun tipo di mezzo ruotato.
Il book prevede la possibilità di sequestrare FIR meccanizzate per farsi trasportare, a proprio rischio e pericolo, fino al punto desiderato.
Noi però non vogliamo sfruttare questo “vantaggio” in quanto crediamo che in una missione di ricognizione reale non sia possibile farlo senza lasciare vittime, testimoni o senza creare fattori che allerterebbero il nemico.
Riteniamo quindi opportuno muoverci solo con la forza dei nostri muscoli e con la tenacia dei nostri nervi, cercando di mantenere il nostro grado di occultamento il più alto possibile.
Arriviamo in cima sapendo che dovremo fare molta attenzione, siamo sul confine dei due territori quindi saranno presenti molte pattuglie di contro.
Così è, infatti ci dobbiamo nascondere più di una volta per il passaggio di mezzi meccanizzati.
Facciamo il punto della situazione e, studiando le immagini satellitari, decidiamo di attraversare il confine passando per i “laghetti” e le “distese di sabbia” situate proprio al centro dell’A.O.
Una volta superate queste zone non ci resta che un altro piccolo sforzo: addentrarci nel bosco per poter arrivare nei pressi del nostro prossimo obj.
Alle ore 07:00, come da pianificazione, siamo esattamente nel luogo designato per il bivacco.
Il meteo prevedeva che la pioggia avrebbe smesso di torturarci per qualche ora.
Ci saremmo potuti cambiare con dei vestiti asciutti e avremmo potuto riposarci lasciandoci cullare dal sole mattutino e dimenticando la temperatura notturna che rasentava gli zero gradi.
Purtroppo però la pioggia continua a scendere più che copiosa e quindi siamo costretti a montare l’amaca sotto al poncio che ci fa da riparo. Ogni cosa che tocchiamo è bagnata, il freddo penetra dappertutto e pensandoci bene, forse non ci saremmo dovuti fermare.
Raccogliamo pietre e sassi per appoggiarvi sopra l’equipaggiamento così da non farlo inzuppare ancora di più con l’umidità di risalita dal terreno.
Il fattore che ci mette più alla prova è il freddo che si insinua ovunque in quanto non c’è nulla che non è umido e quindi non c’è nulla che nel giro di un minuto non si raffreddi.
Usiamo anche i telini termici ma la condensa è tantissima e non ci rimane che abbandonarci al tremolio sperando di riuscire a dormire qualche minuto.
Trascorriamo così circa 3 ore cercando anche di ritemprarci con un thè caldo e con qualche pasto disidratato.
Nel frattempo chiamiamo il comando per aggiornarlo sulla situazione e lo stesso ci dà degli altri obbiettivi, tra i quali vuole sapere le coordinate di almeno due chiuse del gasdotto che corre parallelo al confine.
Caso vuole che durante la notte, al nostro passaggio dallo stesso, ne avessimo avvistata una quindi riferiamo subito l’informazione.
Scopriremo a fine evento che la coordinata comunicata era corretta, ben fatto!
“Ricondizionati” ci prepariamo e ripartiamo verso un gruppo di edifici composto da 3 case a destra e da un rudere a sinistra.
Uno di questi edifici presumiamo ospiti il “sabotaggio coordinate”.
A causa della sua posizione isolata pensiamo che l’obj possa essere nel rudere, ci infiliamo nel mezzo puntando in quella direzione ma, non appena mettiamo il naso fuori dalla boscaglia, notiamo la contro muoversi. Non fanno neanche in tempo a vederci che siamo già spariti nella macchia.
Arretriamo di un centinaio di metri e raccogliamo le idee.
Decidiamo di procedere come segue: due operatori effettueranno il giro largo attorno al rudere fino ad ottenere una posizione privilegiata di osservazione e di fuoco mentre gli altri due, seguendo le indicazioni degli osservatori, entreranno nel rudere .
Riusciamo così a controllare gli spostamenti delle sentinelle e ad entrare in quella che si rivelerà una semplice stalla; appare chiaro che dell’obj non c’è alcuna traccia!
Indietreggiamo nuovamente per riorganizzarci.
Dobbiamo controllare le altre case quindi ci dirigiamo verso l’agglomerato osservando quello che succede.
Due guardie all’esterno fanno la ronda e ogni tanto si nota uscire da uno stabile rosa un’ufficiale con basco verde che entra in uno stabile bianco, 20 secondi ed esce sbattendo la porta.
Li ci sarà sicuramente quello che stiamo cercando!
Ci muoviamo piano ma le guardie restano nel giardino dello stabile.
Dovremmo fare fuoco per entrare ma assolutamente non è una scelta che prendiamo in considerazione dato che la nostra pianificazione prevedeva di effettuare la missione rimanendo nel più totale occultamento.
Ci è stato comunicato che sarebbe stato possibile effettuare tutti gli obiettivi in modalità stealth quindi questa era tassativamente la nostra intenzione.
Speravamo che attendendo le sentinelle se ne fossero andate ma niente da fare, anzi, una guardia si avvicina troppo così non abbiamo altra scelta se non quella di arretrare di nuovo obbligandoci per l’ennesima volta ad aspettare che si calmino le acque.
Dopo un’oretta circa ci riproviamo.
Sull’OBJ troviamo la medesima situazione precedente solo che, in aggiunta, arriva anche una jeep con quattro operatori a bordo che decidono subito di farsi un giretto esplorativo e, per la quarta volta, siamo costretti a rintanarci nella boscaglia.
Abbiamo notato altre jeep muoversi ma, appuntando gli orari, non notiamo alcuna regolarità negli interventi quindi è impossibile stabilire se si tratta di cambi turno, di FIR, di consegna viveri o altro.
Il morale si è decisamente abbassato ma questo è uno dei due obbiettivi primari e non possiamo tralasciarlo, quindi decidiamo di aspettare il buio, speranzosi del fatto che con esso, le sentinelle abbassino la guardia permettendoci di entrare.
Sono circa le 16:00 e, finalmente, esce un po’ di sole.
E’ un sole tenue ma ne approfittiamo per spogliarci quasi nudi, per scaldarci un po’ , rifocillarci e cercare di fare asciugare i vestiti.
Purtroppo questo idillio è troppo breve per goderne appieno e le nuvole tornano subito alla carica per ricordarci che il nostro destino è quello di soffrire ancora.
Arriva il buio e ci mettiamo in movimento.
Forse abbiamo aspettato troppo o forse la fatica e la precedente nottata insonne iniziano a mostrare le conseguenze dato che facciamo davvero molta fatica ad avvicinarci senza far rumore.
Vediamo delle torce nel giardino dello stabile che fanno avanti e indietro, ci appostiamo e aspettiamo ma la guardia lascia solo un minuto tra una tornata e l’altra.
Ne deduciamo che è impossibile entrare senza sparare, ma noi dobbiamo essere dei fantasmi quindi l’ingaggio è escluso!
Piccola consultazione e il TL decide di abortire l’obj con la motivazione che, a causa della frenetica attività delle forze nemiche, il sito risulta troppo pericoloso e, al momento, la priorità è quella di riportare sia le informazioni al comando che la pellaccia dura a casa dalle proprie famiglie.
Nel frattempo Agno accusa dolori al ginocchio e dichiara di voler esfiltrare per non aggravare la situazione già molto dolorosa.
Insieme a lui anche Mastro, forse preso dallo sconforto, dichiara di non farcela più.
Jack e Chiaro riescono a convincere Mastro a rimanere ma Agno ha proprio il ginocchio malconcio e quindi decidiamo di lasciarlo nei pressi delle case in modo che riesca ad arrivare da solo fino all’edificio e ad affidarsi alle cure della contro interdizione.
Rimasti in tre seguiamo a ritroso la strada fatta all’andata.
Ormai sono le 21, abbiamo perso troppo tempo su questo obj quindi, avendo come vincolo il fatto di dover esfiltrare dove ci siamo infiltrati (La DE, giustamente, simulava il fatto che se non fossimo tornati entro tot tempo la nostra missione sarebbe stata inutile perché i soccorsi ci avrebbero abbandonati al nostro destino) non saremmo mai riusciti ad andare fino al campo della Georgia per disinnescare la testata nucleare del missile e poi tornare indietro. Decidiamo quindi di partire verso il punto di esfiltrazione.
Nei pressi della distesa di sabbia, vicino al confine, decidiamo di comune accordo (Contattando la DE) per l’esfiltrazione di Mastro che, nel frattempo, aveva iniziato ad accusare troppa fatica per continuare.
Così, in due, riprendiamo il cammino verso la miniera.
Uno degli obbiettivi supplementari dati del comando si trova proprio nella miniera e consiste nel recuperare una busta dietro ad un caseggiato.
Il tragitto è davvero lungo ed estenuante, una vera prova di forza fisica e mentale, quindi arrivati nei pressi della miniera scrutiamo un po’ e identifichiamo l’edificio corretto.
Decidiamo di entrare tentando l’acquisizione ma proprio di fronte a noi si fa viva una torcia che ci illumina.
Abbiamo fatto solo alcuni passi e molti altri dobbiamo farne, in pieno spazio aperto, per raggiungere lo stabile.
L’operatore di contro che ci ha illuminati era da solo ma probabilmente un altro è nascosto dato che è praticamente impossibile che una persona venga lasciata sola.
Noi siamo solamente in due e , come già detto in precedenza, non vogliamo ingaggiare.
Scappiamo quindi in salita e ci rendiamo conto che è l’inizio della strada che avremmo dovuto fare per raggiungere la macchina.
A questo punto stanchi, inzuppati e decisamente molto provati, decidiamo di abortire anche questo obj e di tornare alle macchine.
La nebbia nella vallata del fiume e la luna che illumina “a giorno” è uno spettacolo che solo chi pratica questo meraviglioso gioco può vivere e apprezzare.
Dopo più di due ore di cammino in salita, finalmente, raggiungiamo il punto d’infiltrazione che ora si è trasformato nel nostro punto di esfiltrazione.
E’ mattino, scopriamo che solo un’altra squadra è ancora in gioco.
In conclusione possiamo ritenerci soddisfatti in quanto abbiamo resistito a lungo al freddo e alla fatica e, anche se gli OBJ acquisiti non sono stati molti, siamo comunque stati in grado di non farci catturare.
Degno di nota è il rendimento della squadra che, grazie a serietà e forza di volontà, ha dimostrato di essere cresciuta molto e di aver ancora molto da dare.
La Special Trained è entrata nelle nostre menti e vi rimarrà per molto tempo dato che ci ha regalato emozioni forti che consigliamo vivamente a tutti coloro che in futuro vorranno mettersi alla prova con se stessi!
Un ringraziamento speciale a TUTTI i ragazzi dei Sardinia Island che si sono prodigati per la buona riuscita dell’evento!
Un abbraccio e alla prossima Special Trained!