omammamia...
Mi sembra di fare un salto nel passato a quando, col foulard al collo, dovevo pianificare il "progetto educativo"...
... ed erano pure riusciti a convincermi che avessi le basi per farlo.
Non so voi... ma io mi chiedo quali basi pedagogiche si possano avere per il semplice fatto di aver vissuto delle esperienze, di indossare un'uniforme o, in questo caso, di praticare un'attività.
Ora, pure essendo palese che il confronto e il vivere in un contesto sociale (quale è un'associazione) è indubbio stimolo di crescita, non posso non considerare che per coltivare pomodori bisogna saperlo fare.
Se è vero che il softair può essere un mezzo valido quanto ogni altro contesto associativo analogo (ludico-sportivo) pur rimane un mezzo e, come tutti i mezzi, la sua valenza dipende in gran parte da chi lo utilizza.
(tra informatici è comunemente accettata l'affermazione che "il maggior problema dei computer ci sta seduto davanti...")
Il fatto di chiedersi l'utilità sociale del softair ci porta inderogabilmente, quindi, a chiederci l'utilità sociale di chi lo pratica.
... e torniamo pertanto alla già sottolineata necessità di riconoscere che
se è vero che l'utilità dipende dai soggetti,
allora ad essere (eventualmente) utile è il soggetto e non lo strumento.
e vedete, come ben sapete, la nostra è una realtà che potremmo quantomeno definire "variopinta"... dove non mancano le stonature ed i mal di pancia.
Credo allora possiate concordare con me che, per quanto riguarda il quesito iniziale, non è il softair o l'associazionismo a poter avere utilità sociale, bensì eventualmente le persone che lo praticano o che ne fanno parte.
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