La risposta teorica sarebbe: si parte dal basso e ci si impiega del tempo.
Elaboro: si parte sviluppando una serie di "reti" collaborative composte da club che lavorano insieme, si aiutano e tengono aperti i canali tra di loro e tra le istituzioni. Reti che, in teoria, dovrebbero crescere continuamente. Nelle aziende si parla di interventi per il "cambiamento culturale"...e cioè dei cambiamenti nel modo di lavorare che prima introducono e poi rafforzano la collaborazione. Roba del genere ci mette parecchio per "attecchire" in un'azienda, figuriamoci in un movimento scoordinato come quello del softair. In teoria dovrebbe comunque essere possibile. Una volta che le "reti" collaborative tra club sono abbastanza ampie o si auto-organizzano in un'entità formale si spera altrettanto collaborativa (associazione nazionale, federazione, quel che l'è) oppure "si impadronisce" delle entità già esistenti. Da lì in poi si ha un "interlocutore credibile" per le istituzioni: un'associazione abbastanza grande ed abbastanza orientata al "buon gioco" ed alla collaborazione che può fare attività di lobby "per il bene del softair", e non per fini campanilistici.
Continio a ripetere IN TEORIA perchè in realtà i club, i gruppi, le reti e le associazioni sono composte da persone. Non sono entità astratte. E se le persone non vogliono collaborare, lavorare insieme ed aiutarsi allora non c'è nulla da fare: di cambiamento non se ne parlerà proprio...o meglio, se ne parlerà perchè fa figo, ma non si farà nulla di concreto.
Al momento, per quel che posso vedere, le singole persone nel softair che vogliono collaborare-aiutare-lavorare insieme sono davvero poche. Ed è un peccato.


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