Non avendo trovato recensioni su SAM di questa pistola, ormai sulla piazza da molto tempo, mi accingo a scrivere un modesto giudizio per chi volesse saperne di più.
Si può dire che la Maruzen abbia il “racket” delle P38. Pochissime altre marche di GBB hanno provato a riprodurre questo pezzo di storia, senza molto successo; come la Marushin, che, si sa, le idee non gli mancano, ma finitura, potenza e affidabilità non sono mai stati i suoi punti di forza.
La versione riprodotta dalla Maruzen è la ac40 (serie del 1940), ma la variazione effettiva tra i vari anni di produzione si evince solo dalla finitura. E’ quasi impossibile riprodurre, soprattutto sulla plastica, la finitura metallica rovinata che contraddistingueva le varie versioni di P38. Perciò la sigla ac40 in questo caso è un riferimento simbolico, che non si riferisce effettivamente a un modello in particolare, ma solo a un esemplare prodotto in epoca bellica.
La casa giapponese riproduce questa Walther in 4 diversi esemplari: Standard (proposta con dicitura ac41-42), Cromata, Metallica e Custom. A chi volesse montare un kit in metallo gli è andata proprio male: ne viene prodotto solo uno dalla Zeke (con finitura nickel plated), e costa la bellezza di 900 dollari circa. Il costo della replica invece è piuttosto contenuto (130 -160 Dollari), ma sul mercato italiano raggiunge i soliti picchi indefinibili.
Il modello recensito è quello con finitura metallica, ovvero “Metal Finishing”. A dispetto delle molte gas blow-back “Limited Edition”, che alla fine in molti casi limitate non sono, questa versione non porta tale dicitura nonostante lo sia. Da quando è stata prodotta un anno fa per circa un mesetto, non se ne vedono più in stock e sembra che non sia stato definito un nuovo periodo di distribuzione.
Ma veniamo alla replica. Si tratta di un prodotto indubbiamente al top della qualità. Stiamo parlando di qualcosa lontano anni luce dai marchi low-cost affermatosi in questi ultimi tempi (anche se la P08 WE ha stupito un po’ tutti), superiore anche alla Marui, collocabile tra Tanaka e Western Arms. Senza toccarla non si nota subito che le parti a vista siano quasi tutte di plastica. Saltano subito all’occhio i marchi e i punzoni, tutti ben fatti, scritti molto piccoli, senza la minima sbavatura. Fanatici della seconda guerra chiedo perdono, non conosco il nome esatto di queste effigi, per cui mi limiterò a elencarle così come le vedo. Sul lato destro del carrello troviamo due microscopiche aquile con sotto scritto “359”. Sul fusto c’è il numero di serie. Lato sinistro del carrello: “P.38 ac40”, più un codice di 4 cifre e una lettera che comparirà anche sopra il paragrilletto e davanti, sotto la canna. Altre “aquila 359” su grilletto, leva del carrello e dopo il codice sopra il paragrilletto. Sul paragrilletto c’è scritto “ac”. Tirando indietro il carrello troviamo sul lato sinistro un’altra “aquila 359” e sul destro, scritto piccolissimo, “Maruzen 6mm JASG Japan”. L'anello per il correggiolo sembra ben fissato, ma non ho avuto possibilità di testarne la robustezza. Il caricatore esce tirando indietro un fermo posto sotto l’impugnatura (tipo Ingram M11A1 o Beretta 34), metodo un po’ scomodo, bisogna farci attenzione. Una volta tanto l’estrattore dei bossoli non è “scolpito” nella plastica, ed è addirittura di colore leggermente diverso, proprio come se fosse un pezzo solo fissato al carrello.
Il funzionamento è abbastanza particolare. E’ morbido, ma allo stesso tempo fluido e scorrevole. A mio avviso ha una meccanica piuttosto singolare: si è portati a pensare che l’arma “scattosa” sia quella migliore, più pronta e reattiva. Mentre invece la P38 Maruzen mantiene un funzionamento “pacato”, rimanendo comunque un orologio svizzero. Una caratteristica che ho riscontrato in minor parte anche sulla P99 della medesima marca. Credo che ciò sia una peculiarità della casa nipponica, che tende a scaricare il rinculo sul blocco posteriore piuttosto che sulla molla principale (che qui non c’è, ci sono due molle laterali). Tutte le parti mobili scorrono perfettamente sulle relative guide, senza alcun gioco o scricchiolio. Non perde un colpo, in tutti i sensi. Il caricatore è monofilare (pochi pallini, ma buoni, come piace dire a me) e contiene 12bb. L’autonomia è assolutamente impressionante, con una buona carica di gas può arrivare fino a 3 cariche abbondanti di pallini, tutto questo con un serbatoio stipato in un caricatore strettissimo (tipo 1911). L’ingresso dei pallini è agevole e pratico. Il martello è disarmabile manualmente o con l’abbatticane (inserendo la sicura a cane abbassato).
Le prestazioni non deludono affatto. Personalmente in gioco non la porterei, ma oltre a fare la sua porca figura, sarebbe un’ottima compagna, non tanto per la potenza, quanto per precisione e autonomia. Il rinculo è forte e piacevole. Purtroppo non ho sotto mano un cronografo, chiedo venia. L’hop-up si regola tramite una chiavetta esagonale a carrello aperto.
Ha anch’essa i sui difettucci.
-La plastica fa discretamente il suo lavoro, ma al tatto è leggermente fragile. Non è delicata, ma sicuramente non trasmette solidità e si ha continuamente la sensazione di rovinarla o danneggiarla.
-Avete presente quanto è difficile da tenere pulita la finta finitura cromata della Desert Eagle Marui? Ecco, moltiplicate per due l’arduo compito ed otterrete il “metal finishing” presente su questa versione. Evitare ditate o aloni è pressoché impossibile, si tratta di una lotta impari tra l’uomo e la superficie riflettente.
-Per via della sua conformazione con la canna “nuda e cruda”, l’arma è leggermente sbilanciata nel posteriore. Tuttavia non è il caso di puntare il dito contro il produttore. Collocare dei pesi nell’anteriore sarebbe stato inattuabile. Quindi nel complesso il peso della replica è un tantino ridotto, circa 730g.
-La meccanica è funzionale, ma inutilmente complicata. Troppe molle, perni e vitine, che svolgono egregiamente la loro funzione, ma rendono difficilissimo smontaggio e rimontaggio. Il modello è poco diffuso e conosciuto, se a un certo punto non sai dove mettere le mani diventa difficile chiedere aiuto e si potrebbe cadere nella solita situazione dove hai la pistola ma non puoi spararci perché non è rimontata bene.
-Le guancette potevano essere fatte un po’ meglio. Sono inopportunamente lucide (di conseguenza scivolose) e scricchiolano alla minima pressione. La vite che le blocca è ok, ha anche la rondella, è la plastica di cui sono fatte che è economica. I grips sono sempre stati il tallone d’Achille delle grandi marche, poiché è un punto dove risulta facile risparmiare per poi proporre un prezzo competitivo.
-La caratteristica del peso scaricato sul posteriore durante lo scarrellamento richiede che le molle di ritorno siano molto “fiacche”, ciò comporta un gioco di qualche millimetro notabile mentre si maneggia l’arma.
Grazie per l'attenzione.Carlo.