il webbing 58
cenni storici - nel 1945 termina la seconda guerra mondiale.
tra le tante eredità del conflitto, anche enormi stock di materiale accumulati nei magazzini di tutti gli eserciti … quello inglese, come tutti gli altri: l’industria nazionale, quella delle colonie e degli altri paesi del commonwealth avevano sfornato a pieno ritmo, per l’intera durata della guerra, ogni sorta di equipaggiamento. giunta la pace, tali necessità erano venute a scemare, così come i fondi a disposizione per innovazioni e nuovi materiali.
ciò nonostante, tra le “alte sfere” non era sfuggito come molti componenti utilizzati non rispondessero pienamente alle aspettative: meglio destinare dunque i finanziamenti ai progetti più promettenti sfruttando tutte le innovazioni tecnologiche maturate dopo il 1943.
poi, l’aver constatato come l’esercito sovietico non venisse ridimensionato dopo la vittoria sulla germania, convinse ancor più gli esponenti del war office a introdurre nuovi equipaggiamenti che non sacrificassero la propria qualità in nome dell’economicità.
la guerra di corea mise però subito in chiaro come il fante britannico, per ciò che riguardava l’equipaggiamento di base (abbigliamento e buffetteria) si trovasse in situazione di inferiorità, non solo rispetto al nemico, ma anche rispetto ai propri alleati.
nel 1950 il war office decise di sostituire il load bearing set (nelle versioni allora in uso, ossia webbing ‘37 e webbing ‘44), rivelatosi, sotto diversi aspetti, decisamente poco riuscito. dopo una fase di studi e sperimentazione durata circa sei anni, nel 1956 venne distribuito un nuovo sistema di buffetterie, destinato ad una serie di prove su vasta scala. altri tre anni di test e modifiche portarono al “1958 pattern web equipment” , distribuito come equipaggiamento standard presso i reparti a partire dal 1960.
materiali - per la sua costruzione venne scelto il woven cotton (tessuto di cotone ritorto, già utilizzato per le buffetterie dal 1908 ) tinto in dark green e trattato chimicamente in modo che fosse pre-shrunked e waterproofed (pre-ristretto ed impermeabile). questi trattamenti si rivelarono presto inadatti: in realtà, il cotone si restringeva, assorbiva l’acqua (o qualsiasi altro liquido!) ed il suo colore tendeva in pochissimo tempo ad assumere una tonalità più simile al verde oliva.
fibbie, fermi e d-ring erano realizzati in alluminio anodizzato con finitura verde o in lega, mentre i moschettoni del poncho roll e dello zainetto tattico (large pack) erano in ottone verniciato di nero.
la base - il set di base comprendeva yoke, belt e two ammo pouches. come dettato nel manuale d’uso, le due tasche portamunizioni andavano fissate alle estremità del cinturone, vicino alla fibbia. proseguendo sulla sinistra (di chi lo indossava) la water bottle pouch (tasca porta-borraccia) e, sul lato opposto, andava montato il respirator haversack (tasca porta-maschera antigas).
salvo che ci si trovasse in addestramento o di fronte ad una reale minaccia nbc, quest’ultima non era portata o, al più,indossata a tracolla sopra tutto il resto. lo spazio lasciato vuoto veniva solitamente utilizzato per montare una seconda tasca porta-borraccia (spesso proveniente dal webbing ’44).
di dietro venivano agganciate le utility pouches, ufficialmente note come kidney pouches, sotto le quali si fissava il cape carrier (meglio conosciuto come poncho roll) ossia il contenitore ove stivare il poncho verde oliva in dotazione al british army.
l’insieme così assemblato costituiva il cefo, combat equipment fighting order, un sistema che consentiva di portare equipaggiamento e razioni sufficienti per 24 ore.
l’aggiunta di un large pack aumentava l’autonomia del sistema assicurando l’operatività sul campo per due settimane senza altri rifornimenti che non fossero cibo, acqua e munizioni. l’uso del solo cinturone, del yoke e delle tasche porta-caricatori divenne invece noto come weapon training order (o skeleton webbing) ed utilizzato esclusivamente in occasione delle esercitazioni in poligono.
yoke - rappresentava una novità rispetto ai webbing precedenti che, per sostenere il carico gravante sul cinturone, ricorrevano semplicemente a due spallacci non imbottiti, incrociati dietro le spalle. neanche a farlo apposta, il coevo sistema americano m1956 finì per adottare la stessa soluzione.
il yoke era composto di due larghe strisce di tessuto leggermente imbottite che, andando a formare una sorta di “v” dietro al collo, venivano raccordate tra loro da un terzo pezzo trasversale (ed orizzontale): in questo modo la distribuzione del peso finiva per gravare su un’area del corpo abbastanza estesa. ad entrambe le estremità partivano le cinghie (larghe 2,5 cm circa, cioè 1 inch), regolabili in lunghezza, destinate alla connessione (diretta o mediata dalle tasche) con il cinturone.
la parte centrale del yoke era dotata di un ingegnoso aggancio per la testa del manico di un attrezzo da scavo (pala o piccone): il complesso di linguette ed anelli incrociati, già utilizzato per le giberne del webbing ’44, diventava in pratica il sistema standard di aggancio/chiusura per webbing ’58 (e, rivisto ed ammodernato nel design e nei materiali, finirà per tornare in auge anche in tempi recenti con il nome di spanish tab).
le cinghie posteriori del yoke erano munite, al fondo, di una coppia di ganci a “c”, le cui estremità dovevano essere infilate nelle apposite “taschine” del cinturone; le cinghie anteriori erano invece lisce, per potersi infilare negli anelli superiori delle ammo pouches e ritornare verso l’alto, al sistema di regolazione a strozzo presente sul fronte del yoke.
a tale sistema era inoltre unito un d-ring (anello a “d”) destinato ad accogliete i ganci dello scarsamente utilizzato large pack, le cui cinghie, prima di raggiungere gli anelli, dovevano passare entro un passante di tela, cucito sul frontale del yoke.
rispetto ai precedenti sistemi di buffetteria (non solo britannici), proprio l’adattabilità (anche verticale) del webbing ’58 rappresentava una delle migliori innovazioni: permessa, anteriormente, dall’azione combinata di un anello rettangolare ed una fibbia a due finestre, cuciti sovrapposti, posteriormente da una più semplice fibbia a due luci in cui la cinghia passava 2 volte, sovrapponendosi in una sorta di andata e ritorno. nell’ansa così formata scorreva un anello ovoidale, cucito all’estremità di una linguetta di tela recante due ganci a “c”.
nel corso degli anni il yoke non venne mai modificato anche se talvolta, per iniziativa personale, l’aggancio per l’attrezzo da trincea finì per essere scucito: questo consentiva di portare in maniera più confortevole gli zaini fuori ordinanza. e, a quel punto, l’attrezzo da scavo finiva per essere lasciato sui mezzi, attaccato direttamente allo zaino, o sostituito dall’entrenching tool pieghevole diffuso presso altri esercito nato.
belt - simile a quella del webbing ’37 per dimensioni (altezza circa 5,5 cm) e tipologia della fibbia, ne differiva per il sistema di regolazione, basato su due uncini metallici posti alle estremità del cinturone: questi erano destinati ad ingaggiare una serie di occhielli (anch’essi metallici) che percorrevano quasi tutta la lunghezza della cintura, a metà altezza.
sul lato interno del cinturone, presso i bordi superiore ed inferiore (ambedue imbottiti), era ricavata tutta una serie di “taschine”, studiate per ospitare le estremità dei ganci a “c” che corredavano le pouches. l’inserimento dei ganci in tali recessi era caldamente consigliato, specie nel caso di materiale usato che avesse perso l’iniziale rigidità: sotto sforzo (leggi “carico”) il cinturone poteva infatti arcuarsi e sfilarsi dalle “c”.
per contro, infilare la belt nelle “c” senza ingaggiarne le estremità, consentiva di aggiustarne la posizione, facendole semplicemente scorrere più avanti o più indietro sul cinturone.
a segnare la parte centrale del cinturone (quella, in pratica, che stava a contatto della schiena), erano cuciti due “d” ring, distanti tra loro circa 22 cm, destinati ad agganciare i moschettoni del poncho roll.