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io non detesto e non lodo i contractors, a mio avviso è un lavoro, come e quando lo debbano fare non spetta a noi giudicare, in quanto credo che ognuno di noi nei loro panni farebbe uguale.
per chi non è mai stato in posti caldi per lavoro è difficile da capire, ma per loro tutti o quasi ex militari è una scommessa continua per difendere la propria pellaccia e conseguire gli obiettivi da perseguire per contratto.
la burocrazia ogni tanto per un militare è una vera fregatura.
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beh gli ak ddr sicuramente sono di qualità e ne esistono moltissime custom dopo la dismissione di una quantità assurda di arsenali, sicuramente girano molto tra i privati. ak cecoslovacchi (anche se usano un sistema non proprio identico agli altri ak) sono in assoluto i migliori.
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interessante questo trafiletto da wikipedia
[edit] legal position
two days before he left iraq, l. paul bremer signed "order 17"[21] giving all americans associated with the cpa and the american government immunity from iraqi law.[22]. a july 2007 report from the american congressional research service indicates that the iraqi government still has no authority over private security firms contracted by the u.s. government.[23]
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vita da guardia del corpo a baghdad
url: https://www.panorama.it/mondo/capitali/articolo/ix1-a020001032148il suo compito: proteggere civili americani. la paga: da 350 a mille dollari al giorno. i rischi: tantissimi. ecco come si vive nel luogo più pericoloso del pianeta.
robusto è robusto. ma non quell'armadio a più ante che uno si immagina. colpiscono le braccia: quelle sì davvero grosse e tutte tatuate come fosse un guerriero maori. e poi il viso, che ti si presenta bonario ma che, se diventa feroce, incute paura vera.
paolo simeone, genovese, poco più che trentenne, è in iraq da 28 mesi: a baghdad fa uno dei mestieri più pericolosi che si possano immaginare, la guardia del corpo a civili statunitensi.
in una città dove non passa giorno senza che qualche kamikaze si faccia saltare cercando di portare con sé il numero più alto possibile di americani, è inevitabile che anche simeone si sia trovato più volte sulla soglia dell'inferno.
https://www.btgsanmarco.it/leonirak/...norama2005.jpg
«la peggiore è stata sulla irish road, che qui tutti conoscono semplicemente come "la strada della morte"» racconta a panorama.
«due vetture ci hanno affiancato e di botto i terroristi hanno aperto il fuoco con mitragliatori ak47. noi abbiamo reagito all'istante. io ne ho centrati due, ma sono stato colpito a mia volta: la pallottola mi è entrata nella spalla e, uscendo, è andata a sbattere contro l'interno del giubbotto antiproiettile e si è spezzata in molti frammenti, uno ce l'ho ancora nel fegato. ci siamo salvati solo per la velocità della nostra risposta: i guerriglieri hanno sparato una decina di proiettili, noi abbiamo esploso più di 120 colpi. tutti andati a segno».
però, si guadagna bene («da 350 a mille dollari al giorno, secondo il tipo di lavoro e di qualifica» spiega simeone), ma l'adrenalina è spesso alta. anche se, per fortuna, non tutti i giorni ci si trova a essere l'obiettivo di un attacco. anzi, a sentire come la racconta il giovane genovese, quella è l'eccezione: il suo impiego, in fondo, è un lavoro come tanti. e che fanno in tanti: secondo gli ultimi dati sarebbero almeno 20 mila i professionisti della sicurezza che operano in iraq per conto di una sessantina di società specializzate, quelle che in gergo si chiamano psc, compagnie di sicurezza privata.
«io sono assunto da una società britannica: in questo momento a baghdad siamo solo in tre italiani e la nostra presenza è registrata presso l'ambasciata, che è informata del lavoro che svolgiamo» spiega simeone, il cui nome finì sulle pagine dei giornali italiani in occasione del sequestro di quattrocchi, stefio, agliana e cupertino.
ed è stato proprio in seguito a quel rapimento e alla tremenda esecuzione di quattrocchi che si è potuto levare di dosso l'infame qualifica di «mercenario». e diventare un «professionista della sicurezza», un «contractor», come vengono chiamati in tutto il mondo quelli che fanno il suo mestiere. soprattutto inglesi e americani, ma anche moltissimi sudafricani, «tanto che l'afrikaans è oggi la terza lingua più parlata in iraq, dopo l'arabo e l'inglese» rivela simeone. ma non mancano anche bianchi dello zimbabwe ai quali robert mugabe ha sequestrato le terre, molti sudamericani, australiani, neozelandesi. non hanno la fama di anime belle.
quasi tutti provengono da reparti speciali delle forze armate o della polizia. e paolo simeone non fa eccezione: è stato tra i marines italiani del reggimento san marco; poi, come nei romanzi, è passato nella legione straniera francese, quindi ha lavorato e ha sudato a gibuti, in kosovo, serbia, angola, afghanistan, prima di sbarcare a baghdad. ma come si diventa contractor? «non certo con i brevi corsi da body guard organizzati da associazioni civili: con quei "diplomi", qui il lavoro non lo trovi. e infatti sono in tanti gli italiani che sono venuti in iraq e dopo due o tre settimane se ne sono andati» rivela simeone. «alcuni non si aspettavano una realtà così dura e pericolosa (in poco più di due anni qui sono morti circa 300 contractor). altri, più banalmente, non avevano i requisiti professionali necessari. per essere assunto da una psc bisogna superare delle selezioni qui in iraq. tra gli esami, anche prove di tiro al poligono. le armi, fornite dalla psc, comprendono carabine m-4 (le stesse delle forze speciali americane), pistole glock 21, mitragliatrici minimi e lanciagranate m-79». ne parla con grande tranquillità, quasi con indifferenza. quella che appare ai più come una vita da rambo, simeone la racconta con grande normalità.
«esco ogni mattina e vado nei diversi luoghi dove operano i clienti che devo proteggere: molti stanno dentro baghdad, ma ce ne sono anche fuori città, alcuni distanti fino a 200 chilometri. la maggior parte del tempo la passiamo in macchina, imbottigliati nel traffico anche per dieci ore al giorno». detta così sembra la vita banale di un pendolare qualsiasi. solo che a baghdad fermarsi in coda equivale a trasformarsi in bersaglio ideale.
per il resto le giornate sono scandite dall'addestramento in poligono, l'allenamento fisico e, assicura simeone, ben poca vita sociale: al massimo qualche cena con i colleghi nei ristoranti della international zone (quella che molti chiamano ancora «green zone»). https://www.btgsanmarco.it/leonirak/...ama1--2005.jpg
qualche volta ci scappa un invito a casa. «i nostri alloggi sono diversificati secondo la società e i clienti» spiega ancora il giovane genovese. «qualche psc è basata nella zona internazionale. normalmente si affittano o si comprano (secondo l'importanza economica del contratto) una o un gruppo di case dove risiedono i body-guard, qualche volta insieme con i clienti. normalmente queste case sono protette da barriere di cemento e da plotoni di gurkha o guardie irachene.
altri contractor dormono invece negli alberghi centrali, trasformati in fortezze, circondate dai carri armati abrams americani e da blocchi di cemento armato. invece le società che hanno contratti per la scorta dei convogli militari alloggiano il personale direttamente all'interno degli accampamenti americani». una vita piuttosto isolata, insomma, per quelli che i civili iracheni chiamano, senza tante distinzioni, «gli americani». il fatto di essere confuso con uno yankee non sembra comunque dare troppo fastidio a simeone: «abbiamo ottimi rapporti con gli iracheni che lavorano con noi» sostiene. «in più, negli ultimi tempi, la popolazione dà segni di esasperazione nei confronti dei terroristi. e infatti sono aumentate le denunce alla polizia e ai militari».
nella realtà, invece, i rapporti con i soldati delle forze alleate non sono così stretti come qualcuno ipotizza. «non c'è nessun tipo di collaborazione tattica» spiega il contractor italiano. «certo, possiamo usufruire degli elicotteri americani per l'evacuazione dei feriti, che vengono poi curati nei loro ospedali. non nascondo che, sul piano personale, da parte di qualche militare c'è forse un po' d'invidia nei confronti dei nostri stipendi. del resto abbiamo il permesso di difendere noi stessi e il cliente, ma non possiamo aver nessun coinvolgimento nelle attività della polizia irachena o delle truppe alleate; violare questa regola d'ingaggio significa essere espulsi dall'iraq o addirittura finire in carcere. non siamo assolutamente paragonabili a loro. ma questa è una distinzione che i terroristi non fanno: per loro siamo tutti bersagli».
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a parte l' abuso della parola marines non è scritto male.
mi spiace per lui che avrà grane, c' era stata una mozione di rifondazione per andare a punire i pmc italiani che operavano in iraq ed afghanistan
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Quote:
Originariamente inviata da
teocrazia
a parte l' abuso della parola marines non è scritto male.
mi spiace per lui che avrà grane, c' era stata una mozione di rifondazione per andare a punire i pmc italiani che operavano in iraq ed afghanistan
e poi girano con la macchina blindata e la scorta....ridicoli
comunque quelle sono le uniche foto di lui che ho trovato ...secondo voi che vest usa?
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articolo interessante.. il vest pare essere un plate carrier con cummerbound.....magari dbt.... le foto sono troppo sgranate per capire di più....
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ma il suo socio sembra avere il ciras tarocco ahaha
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magari ha un plate carrier pure lui...
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per chi voglia informarsi maggiormente sulla mozione di rifondazione:
https://www.indipendenteonline.it/ar...marzo_2007.pdf